Inizio splendido, dove parlano soltanto le immagini (e una musica che corre con loro), che ci introducono in un universo sociale, di cui non sappiamo niente, ma che ci incuriosisce, ci sorprende. Vediamo, infatti, una fila di volti lungo la strada, colti in successione da un cameraman seduto su un’auto, che avanza facendosi largo tra la folla. Vediamo poi fotografi e migliaia di corpi in uno spiazzo davanti a un palazzo, che si comprimono, si strizzano rischiando che qualcuno rimanga soffocato. Soltanto allora conosciamo la ragione di questa enorme presenza: il regista iraniano Mohsen Makhmalbaf ha messo un annuncio sul giornale in cerca di interpreti per il suo prossimo film, che celebrerà i cento anni dalla nascita del cinema. Per partecipare basta riempire un modulo.
Da qui l’inizio delle prove. Makhmalbaf, seduto davanti a un lungo tavolo, è solo. L’aspirante attore o attrice avanza fino a raggiungere un rettangolo disegnato sul pavimento, dal quale dovrà esibirsi.
L’idea è buona: le prove (in realtà la selezione delle prove) saranno in realtà il film stesso. Makhmalbaf vuole cogliere, infatti, uno degli aspetti meno considerati di un film nel suo farsi: la scelta degli attori-attrici, rappresentando sia l’immediatezza della situazione nei suoi limiti e verità, sia il ruolo del regista che ha il potere di chiedere e giudicare, in questo caso, forse più spietatamente di quanto generalmente accade.
Salaam Cinema colpisce il bersaglio quando mostra volti, personalità, interazioni che non solo hanno la freschezza della presa diretta, ma talvolta una creatività imprevedibile. Penso, per esempio, al ragazzo finto cieco, che gioca con abilità quel ruolo fino al suo mascheramento. Peccato che sia proprio Makhmalbaf, come attore-regista, soprattutto alla fine a ripetersi, giocherellando un po’ troppo e compiacendosi del suo sadismo autoriale.
Salaam Cinema
Un film di Mohsen Makhmalbaf. Con Shaghayeh Djodat, Behzad Dorani, Feizola Gashghai, Maryam Keyhan, Mohsen Makhmalbaf. Documentario, durata 75 min. – Iran 1995.
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