L’incontro del sentimentalismo di Gramellini con lo psicoanalismo oscuro e visionario di Bellocchio poteva essere fatale. Invece, complice un eccellente adattamento del best seller e la sapienza complessiva della messa in scena, ne è venuto fuori uno dei film più ordinati e compiuti del regista piacentino.
I temi del libro hanno senza dubbio riattualizzato tasti sensibili nel regista, risultandone a volte una fusione tra l’immaginario retrospettivo di Gramellini e quello di Bellocchio.
Le parti migliori sono, prevedibilmente, quelle dei flash back che tratteggiano l’enigmatico rapporto con la madre e vedono Massimo bambino interrogarsi su una sparizione incomprensibile, che avvia un esemplare percorso di elaborazione del lutto nelle varie età della vita, lunghissimo e mai compiuto.
Più scontati sono invece diversi momenti degli esiti adulti di questa elaborazione, l’amore per la dottoressa che lo cura per le crisi di panico e il padre che alla fine si mette con una ragazza di trent’anni più giovane.
Tuttavia, nel complesso, il film porta a compimento temi che in Bellocchio ricorrono fin dalla notte dei tempi, l’analisi spietata della famiglia borghese (Salto nel vuoto, 1980; Il sorriso di mia madre/L’ora di religione,2002), il suicidio per defenestrazione (Salto nel vuoto, 1980), il difficile rapporto con la madre, il conflitto con la figura paterna, l’educazione religiosa (Nel nome del padre, 1972), con la solita modalità di intrecciare la realtà concreta con quella del ricordo, della fantasia e del sogno.
Va segnalata, per quelli della mia generazione, l’eccellente e dettagliata ricostruzione ambientale dei migliori ( o peggiori) anni della nostra vita, i decenni dal ’60 al 2000, come non si vedeva dal film TV di Giordana, che ci ha riportato tutti indietro nel nostro tempo interiore, e la solita mirabile prestazione di Valerio Mastrandrea, nella non facile interpretazione di Massimo Gramellini adulto.
Particolarmente felici sono anche i camei di Fabrizio Gifuni e di Piera degli Esposti, ma in generale il cast si può considerare stellare, compresi gli interpreti bambini. Ottimi il montaggio (la solita bravissima Francesca Calvelli) e la colonna sonora di Carlo Crivelli che intreccia raffinate parti originali con le canzoni più popolari degli anni ’60; infine la fotografia di Daniele Ciprì.
Si può dire che si tratta di un film italiano di livello europeo, che merita di essere sostenuto e valorizzato.
Fai bei sogni, regia di Marco Bellocchio,
con Valerio Mastrandrea, Bérénice Bejo, Giulio Brogi, Roberto Herlitzka, Barbara Ronchi, Miriam Leone
(Italia, Francia, 2016)