Si sentiva l’ultimo “neorealista convinto”. E non poteva essere altrimenti visto che il suo maestro fu Cesare Zavattini con cui girò nel 1963 un episodio del film-inchiesta “I misteri di Roma”.
Ma Giuseppe Ferrara va ricordato nella storia del nostro cinema come un regista scomodo per il suo impegno civile: di lui vanno citati titoli che vanno da “Il sasso in bocca” (1970) a “Faccia di spia” (1975), da ” I cento giorni a Palermo” (1984) a “Giovanni Falcone” (1993), da “I banchieri di Dio” (2002) a “Guido che sfidò le brigate Rosse” (2007), ma non si può sottovalutare della sua produzione il numero consistente di documentari con cui caparbiamente cercò, come nei film, di scavare nei misteri , andare alla ricerca di quella verità che – diceva – non può rimanere nascosta se un’ indagine o un’inchiesta viene fatta come si deve.
Essendo un non allineato e , perciò, non ben visto dall’industria del cinema, nel 1969 decise di dar vita a Cine2000, un cooperativa di produzione per promuovere un cinema libero (impegnato) e non condizionato dalle priorità del mercato.
Scomparso a Roma lo scorso giugno ad ottantaquattro anni, Giuseppe Ferrara era di origini toscane (per l’esattezza di Castelfiorentino), ma piaceva ricordare con fierezza il suo sangue lucano, per via del padre e del nonno che erano di Francavilla sul Sinni, in provincia di Potenza.
Tra la fine del 2011 e gli inizi del nuovo anno girò insieme al poeta partenopeo Mimmo Russo “Mater Mediterranea”, un documentario su Napoli nato dall’idea di dare della città non la solita immagine di una Gomorra o di una “Betlemme del malaffare”, ma di un luogo-madre della storia e della cultura del Sud.
Intorno a Mimmo Russo – che è un altro esempio di intellettuale non allineato con il mainstream della cultura nazionale, le cui pubblicazioni,tuttavia, sono state tradotte in quattordici lingue – ecco le testimonianze del cantante percussionista Marcello Colasurdo, del maestro incisore Vittorio Avella, dello scultore Lello Esposito, dei pittori Mario Persico, Riccardo Dalisi, Davide Carnevale e Mimmo Palladino.
Accanto alle narrazioni degli artisti locali, inoltre, si aggregano quelle della gente comune, dei napoletani dei vicoli, dei senza dimora che dormono sotto le chiese o i monumenti. Lo sguardo-racconto di Mimmo Russo e il ricco concerto di voci fanno di “Mater Mediterranea” un film sull’anima e sullo spirito (ritrovato )di una città oltre ad un atto di amore, di attaccamento di Giuseppe Ferrara a Napoli (dove nel 2010 aveva girato anche la docu-inchiesta “I ragazzi del Vesuvio”) e alla sua gente.
Terminate le riprese, purtroppo, il lavoro è rimasto incompiuto nella sua fase di montaggio a causa della malattia e dei forti difficoltà economici del regista per cui venne chiesto anche l’applicazione della legge Bacchelli, il vitalizio che si assegna ai personaggi illustri della cultura e dell’arte che versano in stato di necessità.
Con la scomparsa di Ferrara difficile immaginare quando “Mater Mediterranea” verrà completato nella lavorazione o se sarà mai proiettato sugli schermi, di certo se avvenisse potrebbe essere un atto riparatore verso uno dei più colti dei nostri autori: coraggioso e ostinato nel cercare la verità della storia e sempre poco in sintonia con l’establishment del cinema.