“Sulla retrospettiva di Mario Balsamo” di Silvia Chessa

silviaRaccolta in una fitta ed appassionante due giorni (24-25 Novembre 2016), è stata proposta, alla Cineteca Nazionale Cinema Trevi, di Roma, (con discussione, al termine, con regista e critici presenti), una Retrospettiva (ad oggi) dell’opera omnia di Mario Balsamo, regista, docente, ed autore di 19 film documentari.

Evidente, dai primi pregevoli lavori per la televisione, agli ultimi più privati e complessi, il suo particolare percorso, all’insegna della interiorizzazione e di una progressiva autoesposizione, partendo da questioni emblematiche ed universali (la disobbedienza come movimento sociale, in opposizione alla globalizzazione, le conseguenze e la vita durante e dopo la guerra nel Golfo, o gli sbarchi dall’Albania.. ) per approdare a quelle più particolari e biografiche (rapporto con la malattia, relazione amicale, storia travagliata e contraddittoria genitrice figlio..)

I temi sono dati per frammenti, ma ugualmente ricostruibili le trame e le storie, e visti dall’occhio di un osservatore in itinere che, presumibilmente, si prefigge un canone etico di neutralità, ma non distacco e distrazioni, con uno sguardo talvolta fugace, ma sempre portatore di prospettive originali, poetiche, persino laddove, ed è il caso del G8 di Genova, le immagini e le ricostruzioni video dell’evento ci sono già pervenute con esorbitante copiosità e dovremmo averne la nausea.

Invece accade che Balsamo offra il suo contributo spiazzandoci, ribaltandoci ancora una volta le idee. Commuove il risveglio dei disobbedienti, spettinati, arruffati, quasi docili, a dispetto delle loro dichiarazioni di pacifica determinazione del giorno prima, nelle prime ore mattutine, grazie alla luce solare “pedinata” e fatta danzare su quei volti giovani assonnati , ed alle suggestioni dell’opera lirica che felicemente accompagna il discreto intimo scorcio: è così che l’autore si svela, creando una piccola meraviglia di un classicismo fuori dal tempo ..

balsamo1E’ proprio di Balsamo il saper coniugare immagini e musica, così come è connaturato, in lui, il saper fiutare la fonte delle emozioni, e dirigervisi con naturalezza (o far sì che vi si diriga chi è alla ripresa) . Penso a quando la telecamera entra, per la prima volta, in una cucina di una casa a Baghdad: tutto dovrebbe sembrare estraneo per noi occidentali, invece punta dritta ad una graziosa e tenera scritta “Love” facendo scattare la scintilla universale di empatia.. Oppure penso alla dimensione del rilancio, quando, dopo aver quasi disorientato di mestizia il pubblico ( con le conseguenze terribili della guerra, fra leucemie dei bambini e cielo sacro di Baghdad bombardato) ne reindirizza lo sguardo al sogno ed alla fantasia con una partita di calcio, o con un tramonto seguito con delicato ed esatto tempismo.

E se i temi si fanno più intimi, si riconferma lo stile, fra realismo, magia e levità, che accenna, suggerisce, non blinda mai le tematiche, lasciandole aperte, fruibili a tutti, e futuribili, con una naturalezza accattivante e sorniona.

Informale, brillante e spiritosa anche la “chiacchierata” post proiezione (fra Mario Balsamo, Federico Pontiggia, Roberto Andò, Fabio Ferzetti e Stefano Rulli), animata dalle battute tra il regista ed il suo storico addetto al montaggio, e dalle domande, dei critici, sui “maestri” dell’autore e sui suoi futuri progetti, con il piccolo scoop della sua prossima ed imprevedibile idea in cantiere..


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