“La film di Elvira” di autori vari

elviradi Mimmo Mastrangelo

Precursore di un realismo in antitesi alla retorica e all’enfasi della cultura di regime. Questo è  stato  il cinema artigianale e popolare di Elvira Coda Notari (Salerno 1875- Cava dé Tirreni 1946),  la prima donna italiana a ricoprire il ruolo di regista.

Un’autentica pioniera  che, insieme al marito e fotografo, Nicola Notari, e al figlio Eduardo, ( in tutti film della madre rivestì il ruolo di Gennariello) mise su la Dora-Film, una di quelle case napoletane  di produzione dei primi decenni del novecento  che,  tra l’altro, andarono a contrastare  il dominio dell’industria filmica di Torino. Un’azienda a carattere familiare fu la Dora-Film che, grazie  alla creatività,  all’intelligenza e alla tenacia  della Notari (non a caso la chiamavano “la carabiniera”), produsse  circa sessanta lungometraggi  distribuiti  con enorme  seguito di pubblico tanto nelle sale partenopee quanto nelle Americhe dove le storie narrate sullo schermo diventavano  lo svago e “il pane nostalgico”  di tanti italiani emigrati.

Quasi del tutto dimenticata o sconosciuta, la figura di Elvira Notari  è stata di recente riscoperta  grazie al critico Paolo Speranza e al filmaker salernitano Licio Esposito i quali,  dopo aver curato su di lei una  mostra, presentata ad Avellino, Napoli, Salerno e Cava dé Tirreni, hanno dato alle stampe il volume “La film di Elvira” (edizioni Cactus Film e Cinema Sud  pag 156. euro 10,00) con contributi  di Valentina Abussi, Paola Vacca, Gianfranco Pannone, Luca Di Girolamo, Giovanna Callegari, Sara Fiori , Angela Maria Fornaro, Antonio Farese, Salvatore Iorio, Patrizia Reso e Marialaura Simeone .

Dalle pagine del saggio viene  fuori un’ energica e poliedrica donna-artista  che, oltre a dirigere gli attori (presi dalla strada),  curava delle pellicole la scrittura, il montaggio e la stessa distribuzione, mentre il marito, da operatore di macchina, era attentissimo nel seguire tutte le sue direttive sulle riprese  “en plein air”    che dovevano poi fare da incipit a trame melodrammatiche.

“E’ piccerella” (1921) , ” ‘A stanotte” (1922) e  “Fantasia ‘e surdato” (1927) possono definirsi  i titoli più importanti di una cinematografia che, attingendo alla canzone popolare, ai locali romanzi  d’appendice e alla classica sceneggiata napoletana, designavano sulla pellicola (sottoposta ad una innovativa tecnica di colorazione ) “una trattazione filmica  delle disagiate condizioni sociali di intere sacche di popolazione, tra povertà, malattie e sciagure morali”.

Nei lavori della Dora-Film la città di Napoli si presentava come il  palcoscenico di un realismo  dal basso, i cui protagonisti  potevano vivere grandi passioni e sentimenti ma, al contempo, essere vittime o esecutori di violenze e malefatte. Per questa impostazione realistica che metteva allo scoperto  un contesto urbano e sociale piuttosto malandato, il cinema della Notari, oltre ad essere deprezzato e tacciato di volgarità  dalla critica, venne osteggiato dalle istituzioni fasciste  intende a propagandare con la settima arte (e  la cultura in generale) una ben altra e rassicurante immagine  del Paese.

Invisa dal regime la Notari fu costretta a ritirarsi a vita privata nella casa paterna di Cava dè Tirreni,   ma  a lei che ha portato sullo schermo il dramma di creature fascinose ma  indifese, “storie di abbandoni, gravidanze illegittime,  soprusi e violenze”, va dato atto di aver praticato, seppur inconsapevolmente,  un antesignano ruolo di  militanza di  donna impegnata  dentro una società (e in un’epoca) a forte dominio del maschio .

elvira“La film di Elvira” Edizioni Cactus Film CinemaSud, 2016. pag.156,  euro 10,00.


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