“In nome di mia figlia” di Vincent Garenq

1di Maddalena Ferrari

Il film racconta di un caso giudiziario avvenuto realmente e protrattosi per circa 30 anni, dal 1982 al 2012.  Sorretto da una buona sceneggiatura e da un ritmo narrativo  serrato ed efficace, avvince e convince. A dargli però senso, spessore e bellezza è Daniel Auteil, che interpreta il ruolo principale. Il personaggio a cui l’attore dà vita è André Bamberski, un affermato commercialista, che lotta per avere giustizia nei confronti del medico Dieter Krombach: costui, dopo avergli sottratto la  moglie, facendola innamorare di sé,  scopriremo, insieme al protagonista, che è il responsabile della morte della adorata figlia adolescente.

A questo personaggio difficile, che persegue il suo scopo con determinazione maniacale, sacrificando denaro, affetti, pezzi di vita, Daniel Auteil si rapporta attraverso un approccio di studio-ricerca a livello esistenziale e sociologico ed anche a carattere morale ed estetico, rifuggendo da ogni tentativo di coinvolgimento emotivo dello spettatore, come  esplicitamente dichiarato dall’attore.

E così questa figura si impone quasi con solennità, grazie alla fisicità del corpo e ad un volto dalle diverse espressioni – il dolore, soprattutto; la non-riconciliazione; l’ostinazione, l’autocontrollo, anche; le rare gioie – senza chiedere partecipazione, né emozione, ma un’attenzione ed un interesse critici.

La persona, il suo sguardo si scolpiscono nell’immaginazione e rimangono nella memoria.

In nome di mia figlia

di Vincent Garenq. Con Daniel Auteuil, Sebastian Koch, Marie-Josée Croze, Christelle Cornil, Lila-Rose Gilberti. Titolo originale Au nom de ma fille. durata 87 min. – Francia 2016.


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