Settembre 1916, Stati Uniti. Cento anni fa veniva portato su uno schermo il primo film pacifista nella storia del cinema. Stiamo parlando di “Intolerance” capolavoro in assoluto di David Wark Griffith ( Crestwood 1875- Hollywood 1948) che questa sera verrà presentato allo Spazio Art-House negli appuntamenti di “Movie-d’essai” proposti dal Lab.2051.
Film rimasto attualissimo in quanto affronta(va) le tematiche della intolleranza e della violenza attraverso quattro storie ambientate in epoche diverse. Oltre ad essere paragonata ad alcune grandi opere e tecniche diegetiche degli inizi del ventesimo secolo”, “Intolerance” è anche uno dei primi colossal del grande schermo in cui Griffith portò a compimento le sperimentazioni formali avviate con le sue opere precedenti, ma, va detto, che fu anche la risposta “per tramite dell’arte della celluloide” a chi aveva accusato il regista di razzismo per l’ultima scena del film “Nascita di una nazione” (1915), in cui sembra che venga esposta un’apologia del Ki-Klux-Klan.
Per realizzare il film Griffith creò, insieme a T.H Ince e M.Sennett, la casa di produzione della Triangle, ma all’uscita sugli schermi il lavoro non ottenne il successo sperato e il regista si ritrovò con grossi debiti che lo costrinsero a ridimensionare tutti i progetti successivi. Le quattro storie raccontate sono la caduta di Babilonia, la Passione di Cristo, la notte di San Bartolomeo e il più intimistica “la madre e la legge”.
Secondo il dizionario Morandini l’orginalità di “Intolerance” consiste nel modo in cui sono legate e alternate i diversi “quadri”, “secondo un montaggio innovativo che obbedisce a un principio di costante accelerazione, man mano che la narrazione procede, i frammenti di ciascuno diventano più corti, intensificando i suoi contenuti drammatici. All’interno di questa struttura polifonica prende corpo l’ideologia del film, si sviluppa a cadenze epiche e culmina nelle azioni parallele…”. Per cogliere lo spirito pacifista e di tolleranza di tutto il film, ci sembra appropriato soffermarsi sull’ultima sequenza in cui i soldati di due fronti opposti depongono le armi e si abbracciano, nel frattempo che il terreno di battaglia, con una sorprendente dissolvenza, si trasformi in un prato fiorito che accoglie bambini e adulti in festa.
La pellicola presenta dei passaggi incongrui relativi a delle note storiche nelle didascalie, ma appaiono questi irrilevanti peccati rispetto alla maestosità estetica in cui è incorniciata tutta l’opera.