Lo diceva Alberto Grifi (che, tra l’altro, da giovane aveva frequentato Zavattini): non è cinema se un film non sa spingere lo spettatore ben oltre il narrato e le immagini stesse.
Si guardino i quindici minuti del primo cortometraggio di Andrea Filardi (non si dimentichi questo nome, se ne parlerà, eccome, in futuro), “Tutto gli uomini hanno un prezzo”, e ci si accorgerà come il racconto – che deborda dallo schermo – ha tanto a che fare con gli eventi lucani che sono saliti alla ribalta della cronaca nei giorni scorsi.
Il lavoro di Filardi metta in contrapposizione due mondi: da una parte c’é l’amore per la risorsa terra e la strenua difesa di chi la lavora e ne valorizza i suoi duraturi frutti, dall’altra vi è chi vuole sfruttarla (strapparle il mare nero delle sue viscere) per farne profitto privato.
“Tutto gli uomini hanno un prezzo” è la breve storia di una sfida, tra Felice, viticoltore che produce ottimo vino e Michele Colucci (un convincente Antonio Andrisani ), un politico arrogante e spregiudicato, coi modi affettati e spiccioli tipici da “ras” di provincia. La loro disputa a tu per tu rispecchia un conflitto sociale, una distanza tra chi è debole e chi è forte, tra chi sta dalla parte giusta perdendo e chi pratica il marcio e si ritrova a prevalere, tra chi ci mette tutta la passione e le energie nel fare il proprio mestiere e chi si ritrova a gestire la cosa pubblica senza né arte né parte….Un giorno Michele Colucci (con la sua segretaria ) si presenza nell’azienda di Felice (Gabriele Cirigliano) e gli propone di vendere i suoi terreni per poter favorire l’installazione delle condotte di un oliodotto. Dopo ostinati rifiuti, alla fine l’agricoltore è costretto a capitolare e firmare il contratto di vendita del vigneto. Non può fare altrimenti, è solo, capisce – dunque – che non potrebbe mai vincere la battaglia dell’esproprio che gli hanno imposto, contro di lui non c’é solo il tracotante e furbo Colucci che ha annusato l’affare, ma anche le istituzioni (nel caso la Regione )che hanno riconosciuto di pubblico interesse la sua tenuta. L’amarezza di Felice è tanta, vorrebbe farla finita, ma all’estremo gesto non arriverà (riuscita la trovata filmica della sovrapposizione di sequenze di un suicidio in uno spettacolo d’opera coi momenti di disperazione dell’uomo). Ha perso tutto Felice ma, forse, non premendo il grilletto del fucile, non vuol darla vinta fino in fondo a chi l’ha condotto ad abbandonare quella terra che è memoria di sacrifici e fatica, custode di ricordi e sentimenti.
Questo breve (ma significativo) lavoro di Andrea Filardi – che sollecita ad interrogarsi da che parte stare, se si vuol favorire una società esclusivamente come strumento di manipolazione del suo potere oppure uno Stato che sia davvero al servizio della vita sociale (dei cittadini ) – è stato girato in Basilicata ed è prodotto da Sensi Contemporanei Basilicata con la collaborazione della Regione Basilicata e Cinemadamare. Con Filardi firmano la sceneggiatura Lucia Laurenzana, Gabriele Cirigliano, Fabrizio Conte, Carmen Luna e Davide Monticelli. Direttore della fotografia è Vincenzo Acinapura. Nicola Lerra cura lo spartito musicale. Il cortometraggio viene presentato a Cannes nella sezione Short Film Corner.
Marco said,
Maggio 17, 2016 @ 19:11Sono pienamente in accordo con la recensione, sentiremo parlare di Andrea Filardi