Rispetto a ciò che mediamente circola, ci è piaciuta, quest’ultima opera di Fincher, mai così in forma dai tempi del suo masterpiece, Fight Club: sembra ed anche è per più di tre quarti un noir, poi si rivela una commedia spietata e satirica sull’amore, la coppia e il matrimonio nell’epoca dell’aldilà del bene e del male, ciononostante riserva bei momenti di suspence e di thrilling e, nel complesso, è una riuscita opera di genere hitchcockiano, ambientata nella provincia americana e aggiornata all’epoca moderna.
Il mcGuffin qui è la sparizione camuffata da finto omicidio di una femme fatale, tanto vincente nel suo ruolo pubblico e mediatico quanto insicura, insoddisfatta, invidiosa, fallimentare e fondamentalmente priva di autostima nella sua vita privata. Eroina del looking good feeling bad, del falso sé istituzionalizzato a vero sé sotto la luce dei riflettori televisivi, fanno le spese della bella Amy non solo il bel marito, Nick, prototipo di maschio medio americano, ma gli stessi media che ne bevono, in aderenza al politically ipercorrect sostegno delle donne, le sofisticate messe in scena e le complesse manipolazioni. Anche Amy, come la sua precorritrice hitchcockiana degli anni ’50 interpretata da Kim Novack, non solo ha una doppia identità, ma finisce per vivere due volte.
Il buon Nick per metà del film appare spacciato come accusato di un delitto non commesso, ma alla resa dei conti si dimostra capace, dietro un aplomb macho e seduttivo, di menzogne, falsità e colpi bassi degni della sua mogliettina. Nick terrà testa anche alle terribili anchorwoman che speculano sulla vicenda ai fini di audience, prima per il suo lato ipoteticamente macabro, poi per quello sentimentale e romantico, il primo e il secondo in effetti totalmente inesistenti. Ne esce un ritratto decisamente desolante dello status esistenziale di uomini e donne nell’epoca del disastro culturale dovuto all’onnipresenza degli schermi televisivi, dei processi mediatici, ma anche della pari opportunità: tutto ciò che c’è di vero resta fuori scena, celato nei pochi luoghi rimasti al di fuori delle telecamere della comunicazione o della sicurezza, e non si tratta né di sentimenti edificanti, né di comportamenti eticamente rassicuranti.
Fincher riesce a tenere desta l’attenzione per 143′, con occasionali cadute dovute ad una sceneggiatura che, pur ammirabile, a volte strafa (è della stessa mano dello scrittore del romanzo da cui il film è tratto, Gillian Flynn); restano nella mente alcune battute fulminanti, quali quella che dà una definizione incontrovertibile del matrimonio nella nostra epoca. Solo per questo il film andrà rivisto.
Eccellente è il livello della recitazione, con Ben Affeck stratosferico nell’esprimere i più complessi stati d’animo con minime variazioni di espressione; last but not least tesse l’intero film l’ottimo e innovativo commento musicale elettronico di Trent Reznor e Atticus Ross.
Titolo originale Gone Girl
Regia David Fincher
Soggetto Gillian Flynn (romanzo)
Sceneggiatura Gillian Flynn
Fotografia Jeff Cronenweth
Montaggio Kirk Baxter, Angus Wall
Musiche Trent Reznor, Atticus Ross
Scenografia Donald Graham Burt
Interpreti e personaggi
Ben Affleck: Nick Dunne
Rosamund Pike: Amy Elliott-Dunn
Neil Patrick Harris: Desi Collings
Tyler Perry: Tanner Bolt
Carrie Coon: Margo Dunne
Kim Dickens: Detective Rhonda Boney
Patrick Fugit: Detective Jim Gilpin
Emily Ratajkowski: Andie Fitzgerald
Missi Pyle: Ellen Abbott
Lisa Banes: Marybeth Elliott
David Clennon: Rand Elliott
Casey Wilson: Noelle HawthorneRiccardo Dalle Luche
Paese di produzione Stati Uniti d’America
Anno 2014
Durata 149 min.