Una lezione di cinema, pulito, lineare, non esce mai dai confini di ciò che vuole rappresentare, niente è di troppo, tutto è essenziale. Non si può obiettare – formalmente – niente.
Rimane però un retrogusto di schematismo e di approccio didascalico alla narrazione. Certo un cinema perfetto, ma nello stesso tempo un poco freddo nella raffigurazione forse semplificata della realtà; la tematica potrebbe far infiammare ma viene trattata senza farcela avvertire dentro le ossa, consentendoci un distacco. Una specie di favola.
Non va male, è la cifra del regista, una scelta sicuramente ben riuscita e resa possibile dalle credibilissime e affascinanti interpretazioni. Nel loro schematismo i personaggi tengono. Tutti si offrono chiaramente per quello che sono, nessuno ha una doppia anima, un cedimento, ogni personaggio rappresenta un ideale, un sentimento, senza complicazioni. Non esistono sfumature ed i dialoghi rispecchiano questo “monocromatismo” dei protagonisti. Evidentemente una scelta di un grande regista che tranquillizza molto la narrazione rendendo godibile un film che non infiamma.
Potrebbe dirsi un film bidimensionale.
di Ken Loach
con Barry Ward, Simone Kirby, Andrew Scott, Jim Norton.
Inghilterra-Francia-Irlanda. Dur: 109 min.
da [www.libriearte.wordpress.com]
Nino Muzzi said,
Dicembre 30, 2014 @ 20:35Tutto vero, però va notato che mancano elementi propulsori più dinamici. Ognuno è statico nel suo ruolo e questo è anche il risultato del pessimismo di Loach, che si configura sempre di più come un grande cantore della sconfitta.