Ci sono due livelli nel film che s’incontrano, senza combaciare mai fino in fondo.
Il primo è quello di un quotidiano convenzionale: le due famiglie, i rapporti tra i rispettivi coniugi, ma soprattutto la donna, coscienza del film, che racconta la storia e insieme la sua vicenda amorosa, banale, perché lineare, senza sottofondi, veri contrasti.
Il secondo livello è la storia d’amore, l’amore che diventa cieca passione, gelosia, delitto. Noi vediamo un rapporto di attrazione psico-fisica, anzi più fisica che psichica. Perché si amano? Perché non sono riusciti a stare insieme? Perché ancora non ci riescono? Il film non scopre, mostra, ma poco motiva. Perché i due amanti non hanno parole. Perché le loro parole sono superflue.
Però funziona la chimica della relazione con sequenze intense (per esempio quando lui sbarroccia dalla gelosia, la prende a schiaffi di fronte al marito e a tutti gli invitati) e primissimi intensi piani, soprattutto di Fanny Ardant.
Questo è il pregio del film: presentare una coppia di amanti ordinari, che diventano stra-ordinari per la visceralità dei loro sentimenti; e nello stesso tempo ne è anche il limite, perché protagonisti non hanno la grandezza per poter diventare metafora dell’amour fou, considerando anche la banale storia d’amore simmetrica, rappresentata dall’io narrante.
Fanny Ardant e Gerard Depardieu hanno sia il fisico del ruolo che la verità dei personaggi.
La signora della porta accanto di François Truffaut. Con Henri Garcin, Fanny Ardant, Gérard Depardieu, Roger Van Hool, Veronique Silver. Titolo originale La femme d’à côté. Durata 106 min. – Francia 1981.