Dopo tutte le cazzate (e varianti annesse) sparate in questi anni sulle scuole di scrittura creativa, tipo la pompatissima Holden dell’osannato Alessandro Baricco, finalmente qualcuno che dice le cose come stanno o come dovrebbero stare.
Paolo Di Stefano nella sua rubrica Il piccolo fratello del Corriere della Sera si è posto l’interrogativo su quale fosse la migliore scuola di scrittura e si è dato pure una risposta.
Secca: “Leggere – ha scritto – Rubare i trucchi del mestiere ai romanzi e alle poesie dei grandi autori….”. Perfetto. Si può essere d’accordo con Di Stefano: i grandi scrittori non hanno frequentato scuole (e nemmeno “corsi di formazione”) e pensiamo che mai si sarebbero sognati di entrarci se pure gliele avessero consigliate. Questo vale per la scrittura, ma l’opinione di Di Stefano potrebbe andar bene pure per la settima arte.
Oggi vanno tanto di moda le scuole di cinema, sceneggiatura, montaggio, salvo ricordare che per diventare un buon regista non è un passaggio obbligato frequentare scuole e corsi. Truffaut (solo per fare un esempio, ma si potrebbe citare pure Pasolini o altri nomi importanti del grande cinema di tutti i tempi) è diventato un maestro dietro la macchina da presa, ma non ha frequentato nessuna scuola di cinema di Parigi, lui il suo sguardo l’ha lasciato allenare e lievitare vedendo i film e militando in quel grande laboratorio di critica cinematografica che sono state le pagine dei Cahiers du Cinema. Le ombre dello schermo hanno lasciato in lui una memoria di immagini e pensieri da cui è andato poi maturando il cinema che ha prodotto.
Guardare i film, conoscere le opere dei grandi registi del mondo e di tutte le epoche, questa è la miglior palestra per chi vuol mettersi dietro la camera da presa (o una videocamera). E’ come con la scrittura, il cinema (il bel cinema) lo si impara rubando il mestiere, i trucchi ai grandi autori.