E’ arduo rappresentare cinematograficamente quell’attrazione che diventa desiderio divorante tra due persone. Abdellatif Kechicke c’è riuscito benissimo, anche con qualche compiacimento nei rapporti sessuali. Perché fa percepire, a noi spettatori, quando occhi, mani, bocche smaniano di guardarsi, toccarsi, baciarsi, penetrarsi, annullarsi.
Lo ha realizzato il film con due straordinarie attrici, Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux, che questa passione incarnano senza infingimenti con sfumature sottili e veritiere.
Lo ha realizzato dando tempo al desiderio di crescere in due psicologie di donne diverse: l’una, Emma, pittrice e intellettuale, con un sorriso morbido e sensuale, distante e materno; l’altra, Adèle , maestra senza ambizioni artistiche e intellettuali, tutta passione e semplicità autentiche.
Lo ha realizzato introducendo le due giovani donne in ambienti profondamente diversi: Emma vive in una famiglia alto borghese tra quadri, caviale e amiche che discutono su Klimt e Shiele; Adèle vive, invece, in una famiglia modesta, chiusa e tradizionalista con compagne di scuola che, in una micidiale sequenza, la mettono minacciosamente sotto accusa (“sei una lesbica!”), semplicemente perché era andata a passeggio con la pittrice, non era rimasta con loro.
Lo ha realizzato, infine, attraverso un linguaggio mobile, che sta addosso alle due donne con primi e primissimi piani, con dettagli illuminanti, amalgamati da un montaggio fluido e avvolgente.
Nella seconda parte il film un po’ si riduce: sparisce l’amore e la passione reciproca. L’obiettivo del regista, la vita di Adèle, anche nella quotidianità più banale, è comunque centrato, così come sono rappresentate le ragioni di questa separazione.
Si riduce un po’ lo spessore di Emma, che caccia istericamente Adele fuori casa, lei e la sua roba, nonostante le implorazioni (e le giuste critiche) di Adèle, perché ha scoperto di essere stata tradita. La reazione violenta di Emma, così priva di generosità, può apparire diabolica: utilizzare l’occasione per chiudere definitivamente un rapporto che non “sentiva” più e per riprendere, come già si intuiva, quello con la sua ex amante. In realtà dietro a questo isterismo c’è un amore, o qualcosa che ad esso somiglia, che, per ragioni diverse, Emma nega. Questa ambigua complessità viene sottolineata, quando le due donne si ritrovano dai baci famelici, che, per un attimo, si scambiano. Ci sono i baci, non ci saranno parole neppure alla fine. Ognuna continua ad andare per la sua strada, ne’ l’una, ne’ l’altra si mettono o sono messe in discussione.
Adèle è tratteggiata con coerenza, perché non si nasconde, è quella che è, con i suoi limiti di consapevolezza; ed anche il finale di basso profilo emotivo è coraggiosamente poetico nella sua asciuttezza. Ci sono tuttavia alcune sequenze (quelle scolastiche per esempio), che, nonostante il bel taglio documentaristico, risultano forse troppo insistite, forse non necessarie nell’economia della storia.
LA VITA DI ADELE
Titolo originale La Vie d’Adèle – Chapitres 1 & 2
Regia Abdellatif Kechiche
Soggetto Julie Maroh
Sceneggiatura Abdellatif Kechiche, Ghalia Lacroix
Fotografia Sofian El Fani
Montaggio Camille Toubkis, Albertine Lastera, Jean-Marie Lengelle, Ghalya Lacroix, Sophie Brunet
Interpreti e personaggi
Léa Seydoux: Emma
Adèle Exarchopoulos: Adèle
Salim Kechiouche: Samir
Aurélien Recoing: padre di Adèle
Catherine Salée: madre di Adèle
Benjamin Siksou: Antoine
Mona Walravens: Lise
Jeremie Laheurte: Thomas
Alma Jodorowsky: Béatrice