di Gianni Quilici
Nella società post-industriale si riscoprono il paese e la natura come valori da vivere e da rappresentare, si riscoprono il rapporto con la terra nella sua materialità primordiale e con il cielo, cioè con l’universo e il suo mistero.
Penso, per fare degli esempi, a dei film come Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti, a Le quattro volte di Michelangelo Frammartino, a alcuni film sardi, ai libri-documentari di Franco Arminio, che su queste tematiche ha creato più che una scuola e una filosofia, una poetica, la paesologia.
Ho pensato istintivamente a questo vedendo a Pesaro Echi di Pietra di Sara Pozzoli.
Un documentario che informa attraverso la voce (e la cultura) di Giovanni Lindo Ferretti, l’ex cantante e leader dei Cccp, dei Csi, ora dei Pgr, che si muove tra la gente, i borghi semiabbandonati e le montagne dell’Appennino reggiano.
Un’informazione, che diventa film perché Ferretti dà anima alle parole, Sara Pozzoli al paesaggio con immagini ed un montaggio (di Felipe Guerrero) anti-naturalistici, e perché i concerti di musiche etniche, promossi dallo stesso Ferretti, con suonatori e danzatori africani, musicisti asiatici, orchestre slave, virtuosi zigani, tarantelle del nostro meridione, evocano altri tempi, culture, un altrove.
Un film, che diventa, a tratti, cinema di poesia, perché Ferretti è un poeta per ciò che dice e la sua voce fuori campo dentro la forza delle immagini crea quella simbiosi poetica che ci “tocca” e ci “sommuove”.
ECHI DI PIETRA
regia e riprese: Sara Pozzoli
con Giovanni Lindo Ferretti
montaggio: Felipe Guerrero
suono: Gianluca Costamagna
produzione: Provincia di Reggio Emilia e Matilde di Canossa S.p.A.,
Italia 2003
Durata: 51 minuti