Matei abita in un distretto minerario rumeno anonimo e degradato; è il bambino del nonno: la mamma è emigrata in Italia con il suo uomo ed ha altri due bimbi piccoli.
Matei sente di essere stato abbandonato. Il suo sguardo serio, triste interroga gli adulti-distanti: il nonno, autorevole, punto di riferimento affettivo ed anche contraddittorio modello di identificazione; la maestra, dura e repressiva. Ma tutto è vecchio. La modernità, che arriva nella provincia povera della Romania europea, si insinua nei comportamenti dei più fragili. Lo scontro è inevitabile. Matei se ne va da casa, arriva nella metropoli, vive da barbone.
C’è una cosa che lo salva, dandogli identità: l’interesse, l’amore per gli insetti, che, come può, studia e cataloga con passione. Per lui pronunciare l’elenco di questi animali con il nome scientifico, seguito da quello comune, è come suonare una musica. E a Bucarest fa la conoscenza, al museo di Storia Naturale, dei grandi rettili preistorici. Il piccolo e il gigantesco sono dimensioni misteriose ed affascinanti in egual misura. E’ grazie a queste esperienze che Matei sopporta (supera?) il trauma dell’abbandono e cresce…
La regista Alexandra Gulea, al suo primo lungometraggio, ha ricevuto a Pesaro sia il premio della giuria dei giovani, sia quello ufficiale “Lino Miccichè”. Meritatamente. Il film ha uno stile oggettivo-documentaristico e personale. Procede per ellissi: vediamo il ragazzo, con il suo visino intenso, ma quasi impassibile, in momenti diversi, senza intrusioni psicologiche, ma scoprendo su di lui l’effetto dell’agire degli altri; lo vediamo dentro il paesaggio, desolato quello della provincia, caotico quello della capitale, e siamo messi nella condizione di comprendere i riflessi dell’ambiente su di lui.
L’autrice ci mostra quasi con durezza i fatti; il loro impatto sulle persone e soprattutto sul protagonista viene appena suggerito. La m.d.p. registra impassibile la freddezza della luce e dei colori. Questo stile dà intensità alla vicenda e spessore ad una realtà antropologica trasformata e in continua mutazione.
MATEI COPIL MINER
regia: Alexandra Gulea
sceneggiatura: Alexandra Gulea
cast: Alexandru Czuli, Remus Margineanu
fotografia: Reinhold Vorschneider
montaggio: Bruno Tracq
scenografia: Mihaela Poenaru
musica: Stephane Karo
paese: Romania, Germania, Francia
anno: 2012
durata: 105 minuti