L’inizio del film: Joseph scopre di non essere il figlio biologico dei suoi genitori, nel momento in cui si appresta a svolgere il servizio militare presso l’esercito israeliano . Il giovane è stato scambiato alla nascita con Yacine, figlio di una famiglia palestinese della Cisgiordania. La vita delle due famiglie, quella israeliana e quella palestinese, viene sconvolta da questa scoperta…
Ho vissuto questo film nel timore che finisse male, perché i contrasti tra i due popoli, palestinese e israeliano, sono così lacerati dalla storia, dagli orrori e dalle ingiustizie che il loro superamento può sembrare soltanto volontaristico. Nel film invece i legami di sangue riescono a oltrepassare muri e tragedie, creando anche attimi di vera emozione.
E’ un film buonista o, detto in altri termini, troppo lineare? Può darsi. C’è tuttavia un personaggio, non il solo, ma quello determinante, Leila, dottoressa israeliana, una delle due madri, interpretata magnificamente da Emmanuelle Devos, che può risultare la chiave principale del superamento di questo intreccio di dolore, in cui le due famiglie sono precipitate. Perché la donna non solo capisce immediatamente che questa situazione (i due bambini scambiati alla nascita) deve essere affrontata fino in fondo, ma anche esprime durezza, verso il marito, che vorrebbe che le cose rimanessero così come sono; ed ha la sensibilità di trovare verso i due figli (quello reale e quello con cui ha vissuto) le parole vere e i gesti giusti.
Conseguenza: i mutamenti che avvengono nelle due famiglie possono risultare credibili, anche se alcuni passaggi sono discutibili (il padre colonnello israeliano, per esempio, che di notte si addentra nei territori occupati), come può essere credibile il feeling tra i due figli, perché ambedue hanno cultura e sensibilità per una possibile affinità.
Leggo che Lorraine Levy, la regista, è stata a lungo incerta su quale finale scegliere: se questo o uno lacerante, che impedisse una convivenza. Mi pare che abbia scelto, per come il film è impostato, la soluzione migliore. Lasciando il film aperto su delle immagini che creano speranze. Una vicenda privata per dire “è possibile”, se avviciniamo lo sguardo, se apriamo gli occhi, se apriamo il cuore. Non una scelta furba, una scelta sincera.
Il figlio dell’altra (Le fils de l’autre)
di Lorraine Levy
interpretato da Emmanuelle Devos, Pascal Elbé, Jules Sitruk, Mehdi Dehbi, Areen Omari, Khalifa Natour, Mahmoud Shalabi, Diana Zriek, Marie Wisselmann, Bruno Podalydès.
Prodotto nel 2012 in Francia. Durata: 105 min.