La regista lavora sui primi piani, o su gruppi ripresi da vicino; su un montaggio attento ad accostare come anche ad elidere, a lasciar trapelare. Il linguaggio filmico è lo specchio della vita di una comunità di ebrei ortodossi di Tel Aviv, chiusa nell’osservanza rigida delle sue regole, dove gli individui esprimono contraddittoriamente e con sfumature per lo più quasi impercettibili la propria identità e sono legati da un profondo senso di solidarietà e dove la fede- fiducia in Dio permette di elaborare il dolore e dà speranza. Sembra di essere fuori dalla storia, in un mondo relazionale che non lascia soli, ma che sembra lasciare poco spazio alla libertà. Eppure tra relazioni programmate, matrimoni combinati, ubbidienza all’autorità, sessuofobia e repressione, in una società patriarcale, dove le donne sono nettamente separate dagli uomini e pongono l’unica speranza di realizzarsi nel trovare un marito e nell’avere figli, preferibilmente maschi, vivono sentimenti e desideri, si ricerca se stessi e le donne sembrano per l’appunto le più sensibili ed esigenti.
La giovane Shira, prossima a fidanzarsi con un coetaneo, scelto dalla famiglia ( lei lo vede per la prima volta, da lontano, indicatole dalla madre, in un supermercato ), dopo la morte per parto della sorella, viene invitata dai familiari a sposare il cognato; incomprensioni e non detti rendono il loro rapporto sentimentale contraddittorio e il rabbino dice loro di non sposarsi, perché non c’è amore. Ma poi i due troveranno una consapevolezza nuova, non si sa quanto condizionati da situazione e pressioni.
Il bel volto estremamente duttile ed espressivo di Hadas Yaron, che ha interpretato il personaggio di Shira ed ha ottenuto a Venezia 2012 la coppa volpi, ci mostra un personaggio in crescita, che riesce a capire cosa vuole: forse. Il dubitativo è d’obbligo per noi spettatori. Ad ogni modo, la regista la rappresenta, nella scena finale, una volta conclusa la cerimonia delle nozze. Sola di fronte al marito, smarrita, quasi impaurita.
Rama Burshtein, pur aderendo al credo della comunità chassidica che racconta e scegliendo un punto di vista ad essa interno, sembra consapevole dei rischi e delle ambiguità che questa vita comporta.
Restano delle domande, del tutto illegittime, sia chiaro, rispetto all’opera-film, che uno spettatore estraneo a quel mondo può porsi e cioè quali rapporti ci siano, oggi, tra esso e la società, l’economia, il lavoro ( e la domanda non è poi così peregrina, vista l’ambientazione borghese e considerata l’importanza dei soldi, che il capo della comunità distribuisce a chi ne ha bisogno ); oppure quali scuole, quali opportunità di formazione siano concesse alle donne, che dimostrano, a cominciare dalla protagonista, un’articolazione del discorso e del ragionamento abbastanza complessa.
LA SPOSA PROMESSA
Regia:Rama Burshtein
Sceneggiatura:Rama Burshtein
Musiche: Yitzhak Azulay
Fotografia: Asaf Sudri
Montaggio: Sharon Elovic
Cast
Hila Feldman
Razia Israeli
Yohai Mendelman:
Yiftach Klein
Esther Mendelman:
Renana Raz
Yossi Mendelman:
Ido Samuel
Chayim Sharir
Rivka Mendelman:
Irit Sheleg
Shira Mendelman:
Hadas Yaron
Anno: 2012
Nazione: Israele
Distribuzione:
Lucky Red
Durata: 90 min