di Gianni Quilici
Dietro a ciò che viene considerata normalità, partecipare come tutti, senza stranezze particolari, alla vita quotidiana, si possono, invece, celare le ragioni che portano ad atti imprevedibilmente folli. In questo quarto film di Fassbinder del 1970, per esempio, uccidere la propria famiglia e una amica della moglie, parecchio disturbante.
Perché il signor R. è diventato matto? questo cerca di motivare. Lo fa nel modo più giusto: attraverso la normalità d’una quotidianità scandita dal lavoro, dagli incontri con gli amici, dal rapporto apparentemente tranquillo con moglie e figlio. In queste sequenze, però, si incuneano delle crepe: la noia e l’estraneità, il dolore e l’inadeguatezza, il senso di una sconfitta e di un’oppressione.
Vediamo il protagonista, un disegnatore tecnico, con i colleghi, mentre lavora e in pausa pranzo, con amici-amiche (si fa per dire) intorno a divani o a tavoli, in cui ci si racconta, si chiacchiera, si discute. La parola spesso è rituale e ipocrita, qualche volta fastidiosa; certi volti, soprattutto quello del protagonista, non lo sono. E qui entra in gioco la cinepresa a mano che, disegnando traiettorie, sottolinea, mettendo in luce disagi, lontananze, oppressioni. Soprattutto nella sequenza emblematica del film: lui che vuole ascoltare la TV, forse senza neppure interesse, ma che viene inesorabilmente disturbato da una chiacchiera fluviale, continuamente ripresa, di un’ amica della moglie.
Film radiografia che conserva un’intatta freschezza per verità e asciuttezza stilistica.
Perché il signor R. è diventato matto?
Un film di Rainer Werner Fassbinder. Con Kurt Raab, Lilith Ungerer, Amadeus Fengler, Franz Maron, Harry Baer, Peter Moland, Lilo Pempeit, Ingrid Caven Titolo originale Warum läuft Herr R. Amok?. Drammatico, durata 88′ min.