“Il Circolo del cinema e io” Intervista con Mario Rocchi

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foto di Gianni Quilici

a cura di  Gianni Quilici

Mario Rocchi è stato (indimenticabile) insegnante di educazione fisica, è giornalista de La nazione, critico d’arte e cinematografico e soprattutto scrittore di  otto romanzi, tra cui la serie di Balboa, tradotto in Francia, e l’ultimo, “E’ triste Venezia”, una penetrante e sottile indagine sui sentimenti. E’ stato presente nel Circolo del Cinema, prima come spettatore, poi come dirigente, fin dalla sua fondazione.

” Il primo film che hai visto al circolo.”

Fu, lo ricordo bene, “Lampi sul Messico” di Eisenstein. Una scoperta. Avevo sentito parlare, prevalentemente su “Cinema” di Aristarco, del grande regista russo ma ovviamente, essendo un ragazzino, di lui non avevo mai visto nulla. Capii così che il cinema era diverso da quello che ero abituato a vedere sugli schermi normali.

Uno dei primi ricordi di quando cominciasti a frequentare il circolo

Lo spaesamento, così giovane, di fronte a uomini di cultura con in testa Carlo Barsotti. E poi quasi il disagio, mi sembra nella stagione 1949-50, di trovarsi la domenica mattina, con il cinema freddo e pochissimi soci, a vedere film che ci estraniavano dal mondo in cui si viveva.

Facendo una carrellata delle sale in cui il circolo ha proiettato i suoi film…. mi puoi dare di ognuna un’immagine veloce?

La prima, la sala Monital, uno stanzone incredibile, mi sembra con un’uscita sola, era calda di fervore conoscitivo. Il Centrale di quel tempo, il Mignon, l’Italia, dove ci rifugiavamo la domenica mattina, ovviamente le più asettiche. L’Eden di Francesco Melani, la nostra salvezza, fu, per quel tempo, il massimo. Antonio Possenti e Riccardo Benvenuti fecero su una parete due bellissime grandi pitture murali, oggi purtroppo sotto una mano di tinta. Poi venne l’Europa a San Vito, la sala della riscossa, battagliera come i dibattiti che vi si svolgevano, quindi l’Italia calda dei tempi fulgidi per poi passare al Centrale di oggi certamente la sala più accogliente ed efficiente.

C’è un film che ti ha fatto piangere o giù di lì

Credo nessuno. Riesco sempre a discernere il vero dall’artefatto e, se si vuole essere sinceri, il cinema è mistificazione. Come tutta l’arte, del resto. Dinanzi a un quadro meraviglioso ci si emoziona ma non ci si commuove. Per lo meno nel senso comune della parola che riporta a sensazioni epidermiche. Se si parla di emozione sì, sono stati tantissimi i film che mi hanno emozionato, da quelli appunto di Eisenstein, Pudovkin, Von Stroheim, per parlare dei classici del muto, a quelli del neorealismo italiano, ai vari Visconti, Bergman, Kubrick, Fellini, Antonioni, Coppola, Scorsese, Wenders, Herzog, e sicuramente tanti altri che mi sono dimenticato.

Il film che ti ha fatto divertire di più?

Negli anni del mio esordio come socio, “Ventesimo secolo” di Howard Hawks, una sophisticated comedy per quel tempo deliziosa. Nei tempi ultimi, sembrerà banale, ma il film del pisano Roan Johnson “I primi della lista”. E’ stato divertente ripercorrere gli anni della voglia di sovversione e della paura del colpo di stato di destra che io ho vissuto da vicino, visti con un occhio ironico.

Un regista venuto al circolo che ti ricordi con maggior piacere

Ne vorrei citare due: Pasquale Pozzessere, un nome non alla moda, una persona seria che fa il suo mestiere per dire qualcosa. Peccato che sia quasi sparito. Venne, mi sembra, a presentare “Padre e figlio”, un buon film. E poi Paolo Benvenuti per la sua decisa posizione ideologica antiecclesiastica.

E un critico cinematografico?

Sono stati così pochi quelli venuti al circolo, ma ricordo volentieri Morando Morandini anche perché la prima volta che lo conobbi fu proprio tantissimi anni fa al circolo stesso.

Un film mai più dato che vorresti rivedere.

“Assassinio di un allibratore cinese” oppure “Mariti”, tutti e due di John Cassavetes, un grande autore oggi quasi dimenticato.

Un episodio divertente

Vorrei citarne uno direttamente collegato al Circolo del Cinema. Durante una discussione sul film “Il ritorno di Vassili Bortnikov” di Pudovkin che si svolgeva, con pochi partecipanti invero, alla Sala Operaia che esisteva sotto la Torre Guinigi, si venne quasi alle mani per ragioni politiche. Quando un tizio fra i più facinorosi disse a uno del consiglio, siete delle pecore, lui rispose: pecore in che senso? Non mancammo di sdrammatizzare tutta l’atmosfera con una solenne risata.

Ti piace il circolo come è oggi?

Mi piace. Non per fare il giovanilista, ma l’inserimento di giovani nel consiglio è stata una mossa efficace. Con il giovane ci sono le idee nuove, c’è la passione, c’è la voglia di fare e di migliorare. E oggi c’è anche la capacità tecnica, che è non poco in un mondo sempre più dominato dalla rete. Noi vecchi si serve a volte più che altro per riportare il tutto sui binari dell’arte, insomma come moderatori. E poi ottima è stata l’idea di porre accanto alle proiezioni del giovedì che vengono scelte per supplire ai vuoti degli schermi normali, quelle del lunedì a San Micheletto che offrono occasioni da non perdere in particolare per rassegne omogenee di film o di registi e per le prime assolute di autori che non vedremo mai sugli schermi normali. Io ho vissuto i 66 anni del circolo che, ricordiamo, è il secondo più longevo d’Italia,  e posso dire che è andato sempre migliorando. Lontani i tempi di quando dovemmo mettere di tasca nostra i soldi per ripianare il bilancio. Ora tutto scorre più liscio e il successo non manca grazie all’avvicendamento di dirigenti che il circolo ha sempre adottato.


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