di Riccardo Dalle Luche
Vorremmo pensare che nel girare in 3D questo suo ambizioso Hugo Cabret, narrandoci con una pretestuosa trama disneyana la storia della nascita del cinema, Scorsese abbia voluto stabilire una precisa connessione, tra l’attuale cinema tridimensionale e quello degli esordi, un fenomeno da baraccone a metà strada tra la magia, l’illusione, il teatro popolare, il sogno.
Non c’è in effetti nulla di vero in quanto viene raccontato in questo film come non ce n’era nel cinema di Meliés, che qui viene ampiamente rievocato con degli espedienti di fiction.
E’ questo il principale gesto autoriale di questo film: l’aver sottolineato questa connessione, per dire che il cinema è sempre quello degli inizi, méro spettacolo. Hugo Cabret si fa senz’altro ammirare per una serie di virtuosismi di regia (ma anche della scenografia di Dante Ferretti, della colonna sonora del grandissimo Howard Shore), ma lascia quantomeno indifferente, se non annoiato, chi cerchi nel cinema qualcosa che parli della realtà, che la sezioni, che vi incida.
Il 3D, almeno per il momento, piuttosto che rendere l’illusione cinematografica più realistica, la smaschera, la mostra, allontanandoci ulteriormente dal piano della realtà (e per questo a me sembra che, dopo l’ubriacatura della moda, sarà di nuovo abbandonato).
In conclusione questo film è un esercizio di stile di un grande autore, con apprezzabili ambizioni didattiche e citazioni enciclopediche (in pratica tutto il cinema muto, oltre che il già citato cinema disneyano), cosa che non è sufficiente per farne un film d’autore. Nel corso di una visione a tratti strascicata si rimpiangono Mean Streets, Taxi Driver, Casinò, Lezioni di vero, Fuori orario e molti altri remoti titoli della filmografia del grande Martin.
Certo qualcosa affascina anche in questo film, ma si tratta forse di elementi laterali: ad esempio l’aver risuscitato, come già fece Fellini nel Casanova, la bellezza fascinosa degli “automi”, prototipi da orologiaio dei robot e degli androidi fantasticati da Lang e Dick e, dopo di loro, da una miriade di imitatori.
Al contrario si colgono limiti inaspettati nell’elaborazione digitale, quando le immagini della Parigi dei primi anni del ‘900 (sempre sotto la medesima, leziosa, nevicata) lasciano trapelare un traffico un po’ troppo moderno e perfino qualche autobus di linea, cosa che fa l’effetto degli orologi da polso nelle comparse dei peplum a basso costo degli anni ’50. Insomma più del grande affresco, alla fine è il dettaglio, forse involontario, a restare in mente di questo colossal di cui forse si poteva anche fare a meno.
Titolo originale Hugo
Regia Martin Scorsese
Soggetto Brian Selznick
Sceneggiatura John Logan
Interpreti e personaggi
Asa Butterfield: Hugo Cabret
Chloë Moretz: Isabelle
Ben Kingsley: Georges Méliès
Sacha Baron Cohen: Ispettore Gustav
Jude Law: Papà di Hugo
Christopher Lee: Monsieur Labisse
Helen McCrory: Jeanne d’Alcy
Michael Stuhlbarg: René Tabard
Marco Aponte: Julien Carette
Emily Mortimer: Lisette
Ray Winstone: Zio Claude
Frances de la Tour: Madame Emile
Richard Griffiths: Monsieur Frick
Produttore Martin Scorsese, Johnny Depp, Tim Headington, Graham King
Fotografia Robert Richardson
Montaggio Thelma Schoonmaker
Effetti speciali Simon Cockren
Musiche Howard Shore
Scenografia Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo
Costumi Sandy Powell, Fola Solanke
Paese USA
Anno 2011
Dur: 127 min.
giuseppe marciano said,
Febbraio 16, 2012 @ 15:40Ma lei non ha riconosciuto un acitazione da un film di Renoir, La bete humaine ? In ogni modo come divertisemnt lo trovo più riuscito di The Artist