“Una disperata vitalità” di Mario Martone

di Gianni Quilici

pasoIn principio c’è Pasolini. La poesia di Pasolini. Una poesia intima e civile, visionaria e musicale, di grande concentrazione intellettuale e con molte possibili intonazioni.

Laura Betti interpreta questa poesia: le dà corpo, movimento e forza, voce. La voce della passione e dell’elegia, dell’invettiva e dell’ironia, del grido.

Mario Martone visualizza questa materia: aderisce, sottolinea, se ne distanzia da regista di cinema, non di teatro, senza prevaricazioni narcisistiche, ma anche senza nascondersi in quanto “creatore”.

Due sequenze di invenzione, appunto, registica: la voce di Pasolini, che, nella penombra del teatro recita “La Guinea” e l’epilogo con una delle più radicali e viscerali tra le poesie del grande poeta (dall’ultimo capitolo di “Teorema”) con la macchina da presa che lentamente si allontana da Laura Betti, fino a quando è soltanto la voce che rimane.

L’impressione è netta: Mario Martone è riuscito a realizzare, in modo asciutto e denso, un film insolito e originale: fare poesia attraverso la parola della poesia stessa, che si fa cinema. Quanti altri ci sono riusciti nella (breve) storia del cinema, che abbiamo alle spalle?

Una disperata vitalità di Mario Martone con Laura Betti. Italia 199. Dur: 60 minuti.

da La linea dell’occhio

Mary said,

Marzo 18, 2012 @ 16:58

molto interessante!

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