di Gianni Quilici
Una piccola, ma vera storia d’amore. Piccola, perché breve, appena assaporata, una storia che nasce dal guardarsi, dal riconoscersi, dal bisogno di abbandonarsi, di sentirsi vicini, di abbracciare e di essere abbracciati.
Tutto ciò accade a Li (Zhao Tao), giovane e deliziosa ragazza cinese, catapultata a Chioggia da una “mafia cinese” per lavorare in un bar, con un figlioletto di otto anni, rimasto in patria e che dovrebbe raggiungerla solo dopo che lei ha pagato un “debito”; e (accade) a Bepi (Rade Sherbedgia) , un “vecchio” pescatore poeta, emigrato lì da 35 anni da quella che fu la Iugoslavia di Tito.
Un amore o se vogliamo un “affetto amoroso” credibile, perché lui ha il fascino dello sguardo e dell’attenzione, di una disponibilità aperta e creativa e lei, percettiva e isolata, recepisce tutto questo, ne ha bisogno.
Questo incontro avviene in una dei bar della Chioggia popolare sulle fondamenta, un luogo di ritrovo di pescatori apparentemente solidali, fino a quando l’inizio di questa relazione pura e innocente scatena sorde gelosie contro la comunità cinese, ma anche e forse soprattutto nei confronti del poeta-pescatore. Da qui si intravede anche la “ferocia” con cui l’organizzazione cinese difende il suo traffico di forza lavoro dalla Cina all’Italia. La ragazza non potrà avere alcun rapporto con Bepi, se non professionale, all’interno del bar.
La fotografia di Luca Bigazzi, che rappresenta le fondamenta, i portici, la laguna è magnifica con le sue luci notturne, il volo ravvicinato dei gabbiani, il filo azzurrro dell’orizzonte lagunare. Una fotografia estetica, non estetizzante; tangibile, ma anche poetica.
Io sono Lì tuttavia non regge nel finale. Una volta che la ragazza se ne va dal bar, lascia la cittadina e trova un altro lavoro c’è un salto e tutto sembra risolversi in modo sbrigativo. Come se di fronte alla necessità di concludere, Andrea Segre avesse sentito il bisogno di dare una risposta a tutte le questioni aperte: il figlio lontano, un possibile amore, un’ organizzazione, quella cinese, che può colpire.
La conclusione di tutti i “nodi” aperti, poco coinvolge. Per un verso è quasi miracolosa e poco comprensibile l’apparizione del figlio; per un altro verso, la morte di Bepi, detta, non vissuta, non ci dice niente, e l’incendio della sua casetta-palafitta sulla laguna non ha una forza simbolica evocativa, che vada oltre. Meglio sarebbe stato, credo, lasciare una situazione aperta o, meglio ancora, ambigua.
Andrea Segre esordisce comunque nella fiction, dimostrando di saper poeticizzare un luogo, di saper dirigere attori e di riuscire a far sentire, nei silenzi, nelle poche parole, sensazioni sottili e vive. Forse ha bisogno, per un grande film, di sceneggiature più complesse, in cui rapporti psichici e ideologie siano più articolate. Le premesse del regista ci sono.
IO SONO LI
regia: Andrea Segre
Interpreti:
Zhao Tao (Shun Li)
Rade Sherbedgia (Bepi il Poeta)
Marco Paolini (Coppe)
Roberto Citran (Avvocato)
Giuseppe Battiston (Devis)
Soggetto: Andrea Segre
Sceneggiatura: Andrea Segre Marco Pettenello
Montaggio: Sara Zavarise
Costumi: Maria Rita Barbera
Scenografia: Leonardo Scarpa
Fotografia: Luca Bigazzi
Suono: Alessandro Zanon
Casting: Jorgelina Depetris Pochintesta
Aiuto regista: Cinzia Castania
Produttore: Francesco Bonsembiante Francesca Feder
Italia 2011
Durata: 105 minuti.
Dafne Visconti said,
Gennaio 28, 2012 @ 15:29Mi fa molto piacere conoscere registi così sensibili e raffinati. Ho scritto un commento sul mio blog: http://libriearte.posterous.com/film-io-sono-li-di-andrea-segre
Dafne