di Maddalena Ferrari
Tra i diversi documentari presentati al TFF spiccano, per la loro accattivante narratività e per le problematiche affrontate, due film molto diversi, ma entrambi capaci di disegnare un grande affresco storico-sociale: Il sorriso del capo di Marco Bechis e Sic FIAT Italia di Daniele Segre.
Il primo racconta il fascismo, utilizzando sapientemente il materiale dell’Istituto Luce, quindi la propaganda di regime; il secondo filma gli operai, che discutono, si muovono, si interrogano, in preda allo sconforto, alla rassegnazione, alla rabbia, davanti ai cancelli di Mirafiori, in occasione del referendum-ricatto del gennaio 2011, facendo interviste, integrando queste riprese con materiale filmato in precedenza da lui stesso, in occasione di altre situazioni difficili di lavoro e di lotta.
Il sorriso del capo opera, sul materiale di repertorio selezionato, una demistificazione del senso originale del suo messaggio, attraverso il montaggio e soprattutto usando la voce fuori campo di un signore, che ha vissuto quegli anni; egli, nella parte finale del film, viene anche inquadrato e ci fa capire come anche chi non era fascista non poteva non rimanere colpito e quindi condizionato dalla retorica dei discorsi roboanti, delle adunate oceaniche, dei cerimoniali, dei gesti larghi e solenni.
Il signore in questione, che, finita la proiezione del film, scopriamo essere il padre del regista, funge da testimone pacato di una situazione, che il regista mette in analogia con la realtà attuale e cioè il potere totalizzante, narcotizzante dei mezzi di informazione di massa, ben compreso dai potenti : allora il cinema, oggi, naturalmente, la televisione, usati entrambi ai fini di imporre, generalizzare un’ideologia, una cultura.
Sic FIAT Italia è come il rovescio della medaglia, il corpo della società, che sta dietro ad una facciata di regime. Infatti siamo di fronte alla condizione del lavoro, che, in almeno tre decenni di attacchi e arretramenti, arriva ad essere confinata in una realtà non solo peggiorativa, ma, come evidenzia l’intervista a Maurizio Landini, segretario della FIOM, anche lesiva di diritti e di democrazia. Segre si augura che il suo film “possa rappresentare un contributo di riflessione sul mondo del lavoro e sullo stato dell’Italia nell’era berlusconiana”.