di Maddalena Ferrari
E’ la storia di un’infanzia e di una famiglia; di intensi legami di amore e di odio, di sensi di colpa; di ricordi e di traumi; del passaggio, faticoso ma per certi versi inavvertibile, dal passato al presente.
E’ un racconto quasi in soggettiva, ma lo sguardo, l’immagine sono di un altro, un regista che ti riprende con le angolature meno scontate, sorprendenti, come del resto sono gli attimi della vita; e l’occhio estraneo distanzia, oggettivizza e al tempo stesso cattura.
E’ anche la storia di un dolore, dei dolori.
Malick dà una particolare intensità al sentimento del vivere, che è come accompagnato da voci fuori campo e inserito in un contesto cosmico, macro e micro.
Le voci fuori campo sono misteriose e intimiste; vengono dall’aldilà, o dalla propria coscienza, o dai propri desideri-immaginazioni. Suggeriscono e suggestionano.
Il contesto è una riflessione filosofica interlocutoria sull’origine e sul perché del dolore, sulla cecità della natura, corpo meccanico inesorabilmente funzionante, sulla crudeltà del destino o di una volontà superiore, persecutori nei confronti dell’uomo, come di ogni essere vivente. L’ordine universale include la deviazione, lo scarto.
Nell’economia di questo discorso, fin troppo esteso e forse anche alquanto pretenzioso, da rilevare, ancora, un senso alto dell’immagine filmica e alcuni episodi particolarmente belli, come quello degli animali primordiali.
Diretto da
Terrence Malick | |
Prodotto da | Dede Gardner Sarah Green Grant Hill Brad Pitt Bill Pohlad |
Scritto da | Terrence Malick |
Protagonisti | Brad Pitt Sean Penn Jessica Chastain |
Musiche di | Alexandre Desplat |
Cinematografia | Emmanuel Lubezki |
Montaggio di | Hank Corwin Jay Rabinowitz Daniel Rezende Billy Weber Segna Yoshikawa |
Studio | Plan B Entertainment River Road Spettacolo |
Distribuito da | Fox Searchlight Pictures (US) EuropaCorp (Francia) |
Tempo di esecuzione | 138 minuti |
Paese | Stati Uniti |
Mario Rocchi said,
Settembre 9, 2011 @ 21:52Se avevo dei dubbi su Malick, questo film me li ha fugati.Ho sempre avuto in antipatia, perché insinceri, gli pseudoartisti che si macinano dentro prima di “espellere” la loro opera d’arte, anche questo fra virgolette. Malick è uno di questi. Il fatto che non accetta interviste, che non si pone a cospetto della gente e dei telespettatori,non è buon segno. Tradisce un atteggiamento strano, da superiore, che può essere anche furbo. Aldilà di questo il film è stato la conferma di quello che pensavo. Speriamo che mi sbagli, ma non credo. E’ un’opera che, oltre ad essere pallossissima, è tutto sommato banale. Banali sono gli effetti computerizzati per far vedere l’amalgama del mondo, che non c’entrava nulla, banale è quella voce fuori campo che non fa altro che inviare massaggi idioti. Una voce che vorrebbe rappresentare quella interiore e pertanto dice le così che più retoriche non si può.E’ troppo facile, caro Malick, volersi esprimere con le parole dimenticandosi che il cinema è arte figurativa,come diceva il buon Carlo Ludovico Ragghianti. Perciò deve esprimersi soprattutto con le immagini. Quello che Malick non fa. Insomma parafrasando Fantozzi, il film è una grande cagata. Basterebbe la conversione al buono del padre Brad Pitt macchietta, così incomprensibile e affrettata. E la figura, anche questa macchietta, di Sean Penn. Insomma non lasciamoci suggestionare dalla persona schiva che essendo complessata, non è mai sincera. Vale più un prolifico Woody Allen, che fra tanti film ne azzecca uno ottimo, che un falsamente melanconico palloso Malick. Non è detto che il tempo giochi a favore della qualità, anzi. Mario Rocchi