“Sul mestiere dell’attore”, un libro di Ninni Bruschetta

di Susanna Pellis

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“Da uno dei protagonisti della ‘fuoriserie’ televisiva Boris trasmessa su Fox Italia e Cielo”.

Così la quarta di copertina del saggio Sul mestiere dell’attore di Ninni Bruschetta. Che in Boris è Duccio, direttore della fotografia cocainomane e svogliatissimo, e sul set dell’agghiacciante soap Gli occhi del cuore se non dorme “smarmella” – cioè sovraespone le luci – per esigenze, a suo dire, “di Rete”. Esilarante, come più o meno tutti i personaggi della geniale meta-serie (ormai imminente anche l’attesissimo Boris – Il film, che difficilmente deluderà).

Eppure Duccio è lontano quanto più non si potrebbe dal vero Bruschetta, o almeno dal Bruschetta che si rivela con questo piccolo libro, pieno di grandi sorprese. La prima è per chi si aspetta un manuale sugli attori, magari semiserio, visto il richiamo a Boris: troverà invece un testo di filosofia, un saggio di teatro e metafisica, una vera e propria Critica della recitazion pura.

Libro denso e impegnativo, che però scorre fluido perché è organizzato bene e scritto ancor meglio. È impossibile anche soltanto accennare alle innumerevoli sollecitazioni che suscita; ma ne va sottolineata almeno l’idea di fondo, che mette l’attore al centro assoluto dello spettacolo, perché è lui il solo in grado di “restituire il racconto”, di “consentire al rito teatrale di compiersi”. Un punto di vista inconsueto, secondo il quale l’interprete è al servizio del testo ma non del regista; e secondo il quale quest’ultimo dovrebbe essere considerato non autore ma spettatore qualificato della rappresentazione, colui che osservandola sia dall’interno che dall’esterno può suggerirne la direzione mentre ne valuta l’efficacia. (Naturalmente questo discorso vale soprattutto per il teatro, eppure sarebbe interessante discuterne anche riguardo al cinema.)

Regista, attore e autore appassionato e colto, Ninni Bruschetta ha messo in ordine riflessioni che, come è evidente, scaturiscono dalla sua esperienza intesa nel senso più ampio, non solo professionale. Del resto nessuna condizione più di quella dell’attore nega il confine fra vita personale e vita lavorativa, fra dentro e fuori, fra realtà e finzione, fra Essere e Non-Essere. Perché recitare non significa smettere di essere se stessi. Al contrario, l’attore “soprattutto se è un grande attore, non si annulla nel personaggio, ma rinasce in esso”.

Per chiunque si emozioni guardando gli attori veri, una lettura obbligatoria.

Ninni Bruschetta, Sul mestiere dell’attore (Bompiani 2010, 144 pagine, € 9,50)


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