di Chiara Liberti
Dal 13 al 28 Ottobre si è tenuta a Londra la 54esima edizione del London Film Festival (www.bfi.org.uk/lff), manifestazione storica che ravviva la scena culturale della capitale britannica con anteprime, incontri e una programmazione attenta, intelligente, eclettica.
Il festival, che si svolge con il supporto del British Film Institute, non è nato per soddisfare il fine palato degli addetti ai lavori con anteprime mondiali, ma potremmo dire l’esatto contrario.
Il London Film Festival nacque nel 1956 e lo scopo – che ha continuato il suo corso fino ad oggi – era quello di regalare al pubblico londinese i migliori film usciti durante l’anno, selezionati tra i più importanti festival internazionali, in special modo creando una vetrina per il pubblico composta da film che non avrebbero, forse, trovato poi distribuzione.
Negli anni, il London Film Festival, è diventato così una ghiotta occasione per aggiornare l’appetito cinefilo sia con film più mainstream e di larga distribuzione, sia con film d’essai, propri e più specifici del circuito indipendente dei film festival.
L’edizione di quest’anno ha confermato le suddette caratteristiche. Il festival ha rimarcato un certo decoro british, con l’apertura delle danze affidata a Never Let me Go – elegante e sobria trasposizione cinematografica del romanzo di Kazuo Ishiguro diretta da Mark Romanek – e a chiudere l’atteso nuovo film di Danny Boyle 127 Hours.
Ma l’intera programmazione del festival ha soprattutto ospitato una vetrina dedicata al cinema europeo dove, con sorpresa e soddisfazione, il cinema italiano ha avuto ampio spazio e attenzione, presenziando sul palcoscenico londinese con ben sette film prodotti nell’ultimo anno.
Da Mine vaganti di Ferzan Ozpetek a I Malavoglia di Pasquale Scimeca e La nostra vita di Daniele Luchetti, il cinema italiano e i suoi protagonisti sono stati ospiti del festival, ottenendo una preziosa opportunità di visione e discussione.
Per continuare poi con Le Quattro Volte di Michelangelo Frammartino – presentato a Cannes e ad altri festival – o Antonio Capuano con L’amore buio e poi Il Richiamo di Stefano Pasetto, coproduzione italo-argentina, e definito dalla stampa inglese come un racconto maturo e originale, la cui storia ruota attorno ai profili forti e decisi di due donne e sullo sfondo Buenos Aires e i paesaggi suggestivi della Patagonia.
La soddisfazione dal sapore italiano si è conclusa al festival con le proiezioni dell’opera seconda di Massimo Coppola, presentata allo scorso festival di Venezia, Hai paura del buio? e infine Draquila di Sabina Guzzanti.
Molti i registi italiani presenti, e preziosa l’occasione per il cinema italiano non solo di incontrare e confrontarsi con la stampa e altri filmmaker e addetti ai lavori, ma soprattutto il pubblico e attirare così, in ultima istanza, concretamente l’attenzione su una cinematografia la cui storia è conosciuta in tutto il mondo, ma che latita o si fa decisamente più fragile quando si arriva al versante contemporaneo.
Cosa racconta e come, il Cinema Italiano contemporaneo? Se lo sono chiesti in molti, e molta difatti è l’attenzione, forte la curiosità. Sale piene, lunghe code, per storie diverse, fatti poco noti, per ascoltare i registi, per passare un pomeriggio o una serata diversa. Un festival cucito attorno al pubblico è una vetrina decisamente più informale, si snoda tra una fruizione più istintiva ed immediata, e forse più reale.
E non è quindi un caso che il film italiano che ha fatto il tutto esaurito è stato Draquila di Sabina Guzzanti. Il film, presentato a Cannes, aveva già felicemente ottenuto l’attenzione della critica in Francia, e l’attenzione qui si è in un certo modo spostata più sul territorio quotidiano, del pubblico.
Un pubblico folto, lunghe code, anche per quella parte di addetti ai lavori che non avevano visto il film a Cannes. Ma soprattutto un pubblico fatto di italiani, tanti, quei tanti italiani che hanno scelto di vivere all’estero, e che negli ultimi mesi hanno attirato l’attenzione dei media stranieri, incuriositi da questa nuova ondata di emigrazione dal bel paese.
Ma non sono solo gli italiani emigrati e il loro bisogno di capire, di sentirsi più vicini alle contraddizioni mostrate in Draquila. C’è anche un folto pubblico composto da una multietnicità variegata. C’è la curiosità di capire, c’è l’interesse legato a quelle poche notizie che trapelano oltre i confini, che spesso non trovano l’approfondimento che meriterebbero.
Qui, ciò che arriva al cuore, all’essenza, è vedere come il cinema a volte può tornare a splendere di grande utilità. Torna non solo a mostrare, ma soprattutto a raccontare, a farsi veicolo di storie, di realtà, di contraddizioni reali che, come spesso accade, i canali di comunicazione tradizionali non sanno, non possono, non vogliono raccontare e diffondere.
Draquila, dopo la presentazione in anteprima mondiale a Cannes, è stato presentato ad altri festival, in giro sia per l’Europa, che per il mondo. Dal Traverse City Film Festival di Michael Moore (http://www.traversecityfilmfest.org) all’Espoo Film Festival in Polonia, al Augsburg Filmtage in Germania e, come ultima nota positiva, Draquila ha inoltre ottenuto distribuzione nei cinema in Francia, dove è appena uscito.
Decisamente un ottimo risultato per un documentario che racconta con onestà e lucidità quanto l’Italia attuale sia piegata sotto le braccia violente della corruzione, dell’ipocrisia. Ed ha sempre un certo fascino sottile osservare la vita di un film dopo la sua presentazione ufficiale, scoprire come l’interesse, la conoscenza, il sapere non ha confini. Erano previste due proiezioni di Draquila al festival londinese, i biglietti sono andati esauriti in pochissimo tempo, e all’ultimo minuto lo staff del festival si è visto “costretto” ad aggiungerne una terza. Sabina Guzzanti era presente al festival, dove ha incontrato la stampa e il pubblico per raccontare la storia di quanto accaduto a L’Aquila.
A Londra si parla di quanto accade in Italia? Sì, ogni tanto. Ma è fondamentale continuare a parlarne, continuare a creare momenti di dialogo. Portare e promuovere l’attenzione su un momento storico che segna quotidianamente l’Italia in maniera tragica e profonda e che lascia, alla fine, visibilmente colpito ed emozionato anche il pubblico inglese.