“La nostra vita” di Daniele Luchetti

di Maddalena Ferrari

bovaElio Germano, che insieme a Javier Bardem ha ottenuto la Palma d’oro come miglior attore protagonista, è austero e rigoroso, sul set come nella realtà, e fa dichiarazioni di modestia e di consapevolezza politica, che il TG1 si guarda bene dal farci sentire.

Nel film delinea un personaggio contraddittorio con lucidità, attenzione alle sfumature e senza compiacimenti, anche nei momenti di maggiore estroversione. Interpreta Claudio, un muratore che da capocantiere si improvvisa imprenditore, fra debiti, sfruttamento e lavoro nero.

Il cambiamento di prospettiva è dovuto al vuoto lasciato dalla perdita della moglie, con la quale aveva un rapporto fresco e intenso e che, morta di parto, gli lascia, oltre al neonato, altri due bambini.

La realtà sociale in cui il protagonista si muove è quella dei cantieri edili: scarsa sicurezza, precarietà, impiego di immigrati clandestini, tempi di lavoro sempre troppo stretti, appalti e subappalti per lo più poco trasparenti. E c’è chi, non si sa bene come, ha un incidente e muore…

La regia di Daniele Luchetti ha il merito di non indulgere al melodrammatico e al romanzato: con un taglio documentaristico, segue i personaggi e il loro vissuto con riprese molto ravvicinate, mosse e nervose.

Ma la sceneggiatura non convince: evitare l’intreccio lascia inevasi interrogativi che sorgono nello svolgimento della narrazione e crea non tanto ambiguità, quanto semplificazione, come nella narrazione di quel variegato mondo di amici e parenti non tutti specchiati, ma tanto generosi e vitali; o come nel finale, che rimane apparentemente aperto, ma in sostanza dà un esito consolatorio alle strette in cui il protagonista si è intrigato.

Si fa poi notare da più parti come il film eviti giudizi moralistici e metta in luce l’umanità dei personaggi, soprattutto, naturalmente, di Claudio. Anche questo però è un nodo irrisolto, perché, nella rappresentazione di una realtà complessa, occorre dare spessore alle sue diverse componenti, mentre se tutto ( il morto nel cantiere, l’omertà, il “salvare il salvabile”, i piccoli imprenditori che sono in realtà dei poveracci, redenti dai buoni sentimenti) entra in un calderone, dove diritti, torti, ingiustizie, prevaricazioni, aperture e generosità sono sullo stesso piano, allora si ha la netta impressione che a prevalere sia la volontà di compiacere il pubblico: è la vita di tutti, la nostra vita; nessuno è “colpevole” e nessuno è perfetto.


LA NOSTRA VITA

Regia: Daniele Luchetti

con

Elio Germano, Isabella Ragonese, Raoul Bova, Stefania Montorsi, Luca Zingaretti, Giorgio Colangeli, Alina Madalina Berzunteanu, Marius Ignat, Awa Ly, Emiliano Campagnola…

soggetto: Daniele Luchetti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli

sceneggiatura: Daniele Luchetti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli

musiche: Franco Piersanti

montaggio: Mirco Garrone

costumi: Maria Rita Barbera

scenografia: Giancarlo Basili

fotografia: Claudio Collepiccolo

suono: Bruno Pupparo

casting: Gianni Costantino

aiuto regista: Gianni Costantino

Paese: Italia/Francia 2010

Gordiano Lupi said,

Giugno 13, 2010 @ 16:08

La nostra vita (2010)
di Daniele Luchetti
Un film sopravvalutato

Regia: Daniele Luchetti. Soggetto e Sceneggiatura: Daniele Luchetti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli. Montaggio: Mirco Garrone. Fotografia: Claudio Collepiccolo. Musica: Franco Piersanti. Scenografia: Giancarlo Basili. Produzione: Daniele De Laurentiis, Marco Chimenz, Fabio Conversi, Giovanni Stabilini e Riccardo Tozzi. Interpreti: Elio Germano, Raoul Bova, Isabella Ragonese, Luca Zingaretti, Stefania Montorsi, Giorgio Colangeli, Alina Madalina Berzunteanu, Marius Ignat, Awa Ly, Emiliano Campagnola. Commedia – 95 minuti – Italia, Francia 2010 – 01 Distribution.

La nostra vita è un film che sconcerta e delude. Non si comprende perché è stato osannato dalla critica, perché è stato considerato il solo film degno di rappresentare l’Italia a Cannes e soprattutto per quale motivo abbia fruttato una Palma d’Oro a Elio Germano come miglior attore protagonista. Molta critica afferma che Daniele Luchetti racconta la nostra Italia, come siamo diventati, il rapporto tra sfruttatori e sfruttati, gli extracomunitari, la mancanza di sentimenti, l’eccessiva importanza conferita al denaro, all’apparenza e ai beni materiali. Il film racconta la storia di un operaio edile che lavora nei cantieri della periferia romana, vive con la moglie Elena e i due figli, in attesa del terzo. Un lavoratore e marito innamorato, presto sconvolto dalla morte della donna mentre partorisce il terzo figlio. A questo punto l’operaio escogita un’impresa più grande di lui che lo distrugge psicologicamente. Ricatta il suo datore di lavoro – dopo aver scoperto il cadavere di un rumeno caduto nella tromba di un ascensore – minaccia di denunciarlo se non gli affiderà la costruzione di una palazzina. Tramite un amico chiede un prestito a una banda di usurai per cominciare il lavoro, ma non riesce a restituirlo nei tempi e non ce la fa neppure a pagare i dipendenti che lavorano in nero. Per fortuna giunge in aiuto la famiglia ed evita che i guai diventino più seri.
Il film delude per un infinità di motivi. Non si comprende la definizione di commedia, ma è anche vero che ci troviamo di fronte a un ibrido indefinibile che fino a un certo punto è un cupo dramma, quindi viene incredibilmente indirizzato verso un lieto fine. Il rapporto familiare tra i protagonisti è descritto ricorrendo a un’infinità di luoghi comuni e di personaggi che non vanno oltre lo stereotipo. La recitazione di Elio Germano è impostata, sempre sopra le righe, con eccessi fastidiosi e indigeribili. Si pensi alla sequenza del funerale quando canta in chiesa la canzone preferita della moglie alzando le braccia al cielo. Raoul Bova, paragonato al giovane attore, sembra Marcello Mastroianni e fornisce un esempio di vera recitazione. Il regista lo impiega in una parte da fratello solitario e imbranato che non gli si confà al massimo, ma se la cava bene. La storia procede a scatti, molto confusa, pare girata da un dilettante con la camera a mano, piena zeppa di rumori di fondo, al punto che spesso si perdono le battute degli attori. Tutto voluto per conferire realismo, certo, ma l’effetto è fastidioso. Certe battute dei personaggi sono oltremodo didascaliche, come quando la ragazza rumena dice al protagonista che gli italiani pensano soltanto ai soldi e amano far vedere che li possiedono, ma hanno perso il valore dei sentimenti. Ancora peggio quando il figlio dell’operaio rumeno morto dice: “Tu pensi di sistemare tutto con il denaro, ma a me non mi sistemi. Tua moglie morta non la sistemi”. Non si piange in questo film, come ha detto qualche critico, non servono i fazzoletti. In questo film ci si irrita, ci si infastidisce. A un certo punto viene persino voglia di abbandonare la sala. Daniele Luchetti – ottimo allievo di Nani Moretti – in passato ha realizzato pellicole ottime come Il portaborse (1991) e La scuola (1995). Peccato che abbia perso una buona occasione per raccontare l’Italia con lucidità e freddezza.

Gordiano Lupi
http://www.infol.it/lupi

Paolo Rabassini said,

Giugno 15, 2010 @ 16:41

Mi dispiace, ma io sono più lapidario: dire che non mi è piaciuto sarebbe un eufemismo. Per me è un film molto brutto e non capisco come possa essere stato scelto per rappresentare l’Italia a Cannes. Brutta la fotografia, la recitazione e…anche la colonna sonora. Superficiale sotto l’aspetto itrospettivo nonostante che voglia apparire come film impegnato. La scena di lui che canta durante il funerale della moglie lo trovata di un fastidio insopportabile.

LofAgori-online said,

Ottobre 17, 2010 @ 20:11

Si, probabilmente lo e

RSS feed for comments on this post · TrackBack URI


Lascia un commento