“Faro” di Vincenzo Totaro


di Gordiano Lupi – www.infol.it/lupi –

vincenzo_totarofaroIl nuovo cinema italiano con ambizioni autorali spesso si scontra con la mancanza di soggetti e sceneggiature che reggano la durata di un lungometraggio. È questo il caso di Faro, pellicola girata nella suggestiva cornice delle Isole Tremiti con buona perizia tecnica e grande cura scenografica, ma povera di idee.

Il film racchiude il suo senso più profondo nelle prime parole della protagonista che seduta su uno scoglio di un’isola frastagliata dalle onde sussurra: “Voglio portarvi in un posto che vi costringerà a camminare scalzi e ad ascoltare le parole che non vi dico”.

Il regista dichiara i suoi intenti nella quarta di copertina del dvd: “Tre isole interrompono la vastità del mare. Tre sorelle spezzano la quotidianità delle proprie vite. Un faro manda i bagliori di esistenze intermittenti. Si possono ascoltare le parole non dette? Si può parlare fino a perdere l’amore? Si può amare fino a smarrire la vita?”. La visione del film non risponde agli interrogativi, ma lascia lo spettatore in bilico tra realtà e fantasia, tra problemi insoluti e rapporti difficili tra i protagonisti. “Qui è casa”, dice Lia, intenzionata a restare sull’isola per scavare a fondo nei suoi sentimenti, aiutata da un alter ego che la tormenta e alle apparizioni fantastiche di un monaco di mare. Le sorelle e il marito non sono della stessa opinione, ma la assecondano, tra sospetti di tradimenti e di follia che fanno capolino nei lunghi piani sequenza.

La fotografia è stupenda. Antonio Universi ha fatto un gran lavoro immortalando boschi, gatti, mare, scogliere, tramonti, albe e tutto quanto si poteva fissare su pellicola in un’isola meravigliosa. Buona anche la regia di Vincenzo Totaro, che poteva procedere a un montaggio più serrato e a una più attenta direzione degli attori, ma non si può pretendere troppo. Sono interessanti alcune parti fantastiche, come i sogni del marito, le tre donne in altalena, il monaco di mare, l’alter ego di Lia che massacra l’intera famiglia e alcune sequenze oniriche che sfociano in dissolvenze. I dialoghi e la recitazione a volte lasciano a desiderare, la comprensione del testo pure e la sceneggiatura non è esente da pecche. La colonna sonora è ottima, così come sono ben fatte le scenografie e i costumi, ma la parte migliore della pellicola resta il racconto per immagini evocative. Il regista indaga sul rapporto uomo – donna, analizza la relazione di coppia, i pensieri intimi e i contrasti caratteriali. “Ti amo perché siamo diversi”, “Vorrei una donna per avere una donna”, “Non voglio cadere nell’idea dell’amore”. Vediamo la donna che cerca se stessa a contatto con la natura, nella solitudine dell’isola. I temi fondamentali della pellicola sono la crisi della coppia, l’incomunicabilità e la provvisorietà dei sentimenti, la ricerca interiore e in certa misura anche l’analisi della follia e delle pulsioni più intime. La pellicola è molto teatrale, spesso ricorda – facendo le debite proporzioni – L’avventura (1960) di Michelangelo Antonioni, sicuro punto di riferimento per gli autori, ma anche il teatro di Becket e di Jonesco. Il difetto maggiore è che il film procede in maniera lenta e macchinosa, perché non accade niente per intere sequenze. Il regista comunque ci sa fare, ha un taglio documentaristico e merita un incoraggiamento, perché tecnicamente il film è ben girato.

Regia: Vincenzo Totaro. Soggetto e Sceneggiatura: Vincenzo Totaro, Antonio Universi e Teresa La Scala. Colonna sonora: Donato Raele. Canzoni: Celestino Telera. Fotografia: Antonio Universi. Truco e costumi: Maria Pia Castigliego. Suono in presa diretta: Giannino De Filippo. Montaggio: Vincenzo Totaro e Luisa Totaro. Produzione: Epok Studios Sartorius Film. Durata: 60’. www.epokstudios.it. Interpreti: Maria Pia Castigliego, Sabrina Caterino, Giannino De Filippo, Antonio Del Nobile, Teresa La Scala e Giuseppe Milonia.


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