“Sogni e delitti” di Woody Allen

sogni e delitti locandinadi Gianni Quilici

Sogni e delitti è il terzo film di Woddy Allen, che compone la cosiddetta trilogia londinese dopo  Match Point (bello)  e Scoop (deludente).

Da vedere o da cassare?

Da vedere.

Perché?

Innanzitutto, perché è un film che contiene il senso della realtà, ti fa percepire dall’interno la vita di  una coppia di fratelli uniti e solidali, ma diversi nelle aspirazioni. L’uno, tranquillo del suo orizzonte esistenziale, ma indebitato fino al collo per l’ossessione del gioco; l’altro,  ambizioso, seduttivo, aereo e, se necessario, cinico, che aspira, invece, a una vita di lusso. Ti fa entrare nella loro famiglia: un padre frustrato a causa di un cognato americano ricchissimo e dalla moglie molto ammirato…

Ed allora?

Su questa commedia si inserisce la tragedia: il delitto, il senso di colpa, il bisogno di espiazione. Quindi nel film una svolta, un cambiamento di registro apparentemente improvviso.

Per alcuni questo passaggio dalla commedia alla tragedia riduce la forza del film…

No, tutt’altro. Woody Allen ha in mano il film, lo disegna secondo una logica psicologica plausibile, lo dirige con il distacco dell’ironia, lo rende estremamente asciutto ed essenziale e lo conclude magistralmente. La tragedia c’è, ma è rappresentata paradossalmente con leggerezza.

In che senso?

Primo: i due fratelli sono visti con ironia affettuosa. Secondo: Allen sottrae, il più possibile, alla tragedia l’immagine. Il delitto, per esempio, non lo vediamo. Vediamo soltanto il momento prima di esso: l’incontro (impacciatissimo) dei due fratelli con la vittima, poi la m.d.p. si muove lungo la siepe e noi lo possiamo soltanto immaginare. Bellissimo, in questo senso, il finale.

Perché?

Perchè rappresenta il dramma del fratello seduttore, che vuole-deve uccidere il fratello, se non vuole andare in carcere, ma vivere con la sua bella la vita che sogna, e sta preparando la micidiale bevanda di birra e farmaci, quando di scatto la getta per terra; poi si butta aggressivamente contro il fratello, come per dire “che cosa mi costringevi a fare”; c’è una collisione, una spinta e il bel fratello ambizioso ci rimane secco. Stacco. Noi non vediamo che cosa succederà dopo, lo capiamo attraverso le parole della polizia accorsa. Una tragedia biblica si è consumata, noi ne abbiamo visto soltanto una parte, l’altra è lasciata fuori campo alla nostra immaginazione, mentre il mondo continua a vivere indifferente. Sottrarre al pubblico la tragedia è una scelta eroica da parte di Woody Allen, perché delude la maggioranza del pubblico, che vuole vedere, sapere, partecipare, ma la risonanza che contiene tutto ciò che possiamo immaginare è uno scatto, che a me pare geniale, di sceneggiatura e di regia.

Grande film allora?

E’ un film che rappresenta con efficacia quella storia, con due momenti di grande cinema (oltre il finale, la sequenza in cui lo zio sotto il temporale propone ai due fratelli il delitto), senza riuscire (forse) a far diventare la storia stessa universale. Perché tutti i personaggi sono schiacciati dentro un orizzonte angusto. La loro fine non ha una forza simbolica che vada oltre la storia stessa.

Gli attori?

Tutti bravi, ma con una particolare menzione per Colin Farrell, bravissimo nel rappresentare psico-fisicamente una condizione quasi psicotica e Tom Wilkinson, uno zio cinico senza cinismo. Hayley Atwell ha all’inizio degli sguardi ammalianti, ma è debole come personaggio.

Sogni e delitti

Titolo originale: Cassandra’s Dream
Regia: Woody Allen
Sceneggiatura: Woody Allen
Fotografia: Vilmos Zsigmond
Montaggio: Alisa Lepseter
Musiche: Philip Glass
Interpreti: Colin Farrell, Ewan MacGregor, Tom Wilkinson, Hayley Atwell
Produzione: Iberville Productions, Virtual Studios, Wild Bunch
Distribuzione: Filmauro

Nazione: USA/GB
Anno: 2007
Durata: 108 min.


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