“Sonetàula” di Salvatore Mereu

di Gianni Quilici

Colpisce innanzitutto il coraggio.
Il coraggio di fare un film di due ore e trenta, tutto (o quasi) parlato in sardo stretto (quindi sottotitolato), con una narrazione per blocchi, che salta dei passaggi narrativi, senza spiegare tutto, in cui non conta la storia come concatenazione, ma il respiro dell’esistenza.

Colpisce la capacità di ricostruire un tempo lontano (dal 1938 agli anni ’50) non tanto nei suoi aspetti fisici, il territorio, i costumi, ma in quelli antropologici: i volti, le psicologie, i linguaggi.

Colpisce la bellezza e la forza delle immagini, che non diventano mai estetismo, ma che utilizzano pittura e cinema re-inventando quel tempo.
Si veda la sequenza (grandiosa) intorno al fuoco con i visi illuminati dai bagliori di luce e sospesi nel buio, con le poche parole scandite sotto il peso di un dramma; o (si veda) la sequenza dell’assalto alla corriera così notturno che i corpi non hanno volto, ma quasi fantasmi… parole, rumori, silenzi.

E’ qui la grandezza di Sonetàula. Nell’ intreccio tra un tempo arcaico (magnificamente reso nei volti segnati dalla miseria e dalla fatica, in un’esistenza simbiotica con la terra e con le bestie, nella violenza ancestrale delle parole e dei comportamenti) e l’occhio cinematografico di Salvatore Mereu che sta addosso ai personaggi, ma è preciso nello scivolare invisibile e morbido tra un primo piano e l’altro o nell’allargarsi nello spazio brullo e senza scampo della montagna, nello spezzare ciò che potrebbe risultare inutile, compiaciuto.

Si ricorda inevitabilmente quello straordinario (e sottovalutato) film “Banditi a Orgosolo” di Vittorio De Seta. E’ la stessa storia realistica ed epica di un pastore che diventa bandito. Qui il pastore è un adolescente il cui padre viene mandato al confino negli anni trenta sotto falsa accusa di omicidio. Il ragazzo viene cresciuto dal nonno, legato ad antiche tradizioni, pastore nelle montagne e poi, reagendo sanguinosamente a un affronto diventa latitante e bandito.

Gli attori, quasi tutti presi dalla strada, incarnano quel tempo, quei volti, quelle psicologie con grande efficacia: dal giovane protagonista, Francesco Falchetto, alla cilena Manuela Martelli, all’unico vero attore Lazar Ristovski (Undergound, La polveriera).

Tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Fiori.

SONETÀULA
regia: Salvatore Mereu
cast: Francesco Falchetto, Manuela Martelli, Antonio Crisponi, Giselda Volodi, Lazar Ristovski, Serafino Spiggia, Giuseppe Cuccu
sceneggiatura: Salvatore Mereu
fotografia: Vittorio Omodei Zorini, Vladan Radovic, Ivan Casalgrandi, Massimo Foletti
montaggio: Paola Freddi
scenografia: Marianna Sciveres
costumi: Loredana Buscemi
musica: Enzo Favata
presentato da: Andrea Occhipinti e Gianluca Arcopinto
produttore: Andrea Occhipinti
produzione: Lucky Red, con il contributo del MiBAC,
con la partecipazione di: Salvatore Mereu and Elisabetta Soddu per Viacolvento,Rai Fiction, Regione Autonoma della Sardegna, Istituto Superiore Regionale Etnografico;
e in coproduzione con Haut et Court S.A. (Francia), Artemis S.A. (Belgio)
distributore: LUCKY RED
Paese: Italia/Francia/Belgio
anno: 2008
durata: 157′


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