“L’Avversario” di Nicole Garcia

di Riccardo Dalle Luche

Jean-Marc Fau (Daniel Auteil) rientra nella sua casa, chiama la moglie, si meraviglia che non risponda, mette a posto una tazza da bambino frantumatasi nel cadere. Mediante lunghi ed elaborati flashback, vediamo la ricostruzione di una vita inventata. Ufficialmente medico, dipendente dell’OMS, Jean-Marc è un marito irreprensibile, ha una bella casa ed un’automobile costosa, vive un vita sociale ricca e stimolante. in realtà non si è mai laureato, mantiene gli elevati standard di vita, suoi e della famiglia, attingendo con una serie di piccole truffe al denaro del suocero. Quando non indossa la sua maschera, trascorre intere giornate vagabondando tra gli autogrill, leggendo riviste-spazzatura, frequentando congressi medici, come se vi fosse invitato. I soldi che cominciano a scarseggiare, l’incertezza nella relazione extraconiugale che Jean-Marc ha intrapreso come un’inconscia ancora di salvezza, i dubbi crescenti di una moglie disperata, fanno sbriciolare l’inverosimile castello di menzogne e apparenze, che finiranno per sgretolarlo, conducendolo impulsivamente alla decisione di uccidere la moglie, dopo averla messa amorevolmente a letto, poi i due figli, quindi gli anziani genitori. Alla fine, in un bosco, tenta di fare fuori anche l’amante, ma poi miracolosamente si blocca e lei sopravvive. Tornato a casa, vi dà fuoco. Lui ne uscirà ustionato ma incredibilmente vivo.

In un panorama cinematografico, in cui una pletora di pellicole affrontano il tema del rapporto drammatico tra l’essere e l’apparire, più di ogni altro il film di Nicole Garcia ne denuda l’essenza psicopatologica delle sue forme più estreme.

Lo fa grazie ad una sceneggiatura basata sull’omonimo libro di Carrére, crudele e geniale, che descrive la banalità del male attraverso le nefandezze, le meschinerie ma anche la sofferenza interiore dell’assassino francese, alla cui storia vera film e libro sono ispirati. Il protagonista sarebbe stato quello che tutti lo credono: una persona premurosa, responsabile, affabile, gentile, se una crisi psicotica non riconosciuta né curata non gli avesse tagliato la capacità di studiare e affrontare gli esami al secondo anno di medicina; cercò di confessare il suo stato ad un compagno di studi, ma non ce la fece, e forse, come quello dice rammaricandosene, non trovò orecchi attenti. Andò quindi avanti come se tutto andasse come sarebbe dovuto andare, costruendosi un’identità assolutamente fittizia ma rassicurante per tutti quelli che gli stavano incontro. In realtà Jean-Marc non è altro che un automa svuotato, che nel film viene inseguito dalla macchina da presa, in un quasi-documentario sulla sua quotidianità fatta di ritualismi senza senso.

Daniel Auteil incarna senza una sbavatura lo stanco trascinarsi del protagonista, la sua freddezza senza scopo, la sua opacità personologica ed esistenziale trasmettendo direttamente allo spettatore la sua angoscia inconfessabile. Si tratta di uno dei film psicopatologicamente più interessanti degli ultimi anni, esemplare anche didatticamente per quanto riguarda le ricostruzioni di identità fittizie post-psicotiche.

Esemplare dello scarto tra l’essere e l’apparire è il corteggiamento incongruo alla “facile” Marianne, con un “ti amo” inatteso gettato lì sul tavolo per rafforzare e un regalo costoso e sorprendente, in una ricerca di contatto affettivo autentico che tuttavia non potrà neanche qui realizzarsi. Finirà per parassitare anche lei, come tutti gli altri che gli hanno creduto e dato fiducia. Poi cercherà di ucciderla, come tutti i testimoni potenziali della sua condizione.Anche nell’esplosione di lucida follia delittuosa, raffigurata senza indulgere in nessuna violenza visivamente esplicita, è estrema la scissione tra gli affetti del protagonista.

L’AVVERSARIO (L’adversaire);
Regia: Nicole Garcia; soggetto: dal romanzo omonimo di Emmanuel Carrere; sceneggiatura: Federic Belier-Garcia, Jacques Fieschi, Nicole Garcia; fotografia: Jean Marc Fabre; scenografia: Veronique Barneoud; costumi: Nathalie Du Roscoat; musica: Angelo Badalamenti; montaggio: Emanuelle Castro; produzione: Wild Bunch
Interpreti e personaggi: Daniel Auteil (Jean Marc Faure); Geraldine Pailhas (Christine); Francois Cluzet (Luc); Emmanuelle Devos (Marianne)
Francia 2002; 102 minuti.


Lascia un commento