“Gran Torino” di Clint Eastwood

di Gianni Quilici

L’ultimo numero in edicola de “I duellanti” dedica ben nove articoli all’ultimo film di Clint Eastwood “Gran Torino” con molte ricostruzioni del film e del senso del film condivisibili. Tuttavia mi sembra eccessivo, cioè, sbagliato il giudizio che ne deriva di “capolavoro”, di “grande cinema”.

Mi sembra che in “Gran Torino” ci sia una prima parte efficace, che sembra promettere il grande film: uno sguardo disgustato e ringhioso del protagonista, un vecchio operaio specializzato in pensione di Detroit rimasto vedovo, verso la superficialità, la falsità, l’egoismo rapace dei figli e nipoti, ed anche nei confronti dei messicani, dei coreani, dei neri che gli vivono intorno.

Questo sguardo ha una storia: la guerra in Corea, l’odio preconcetto verso i musi gialli e un mondo che sta cambiando, dove non conta più la persona, ma il guadagno; non il rispetto, ma la prepotenza.
Un vecchio che tuttavia racchiude ancora la forza, la violenza, la determinazione di uno dei tanti personaggi dell’attore-regista americano in un corpo scavato, disilluso, disgustato.

Questo sguardo ha una sua forza per ciò che lui vede (soggettiva), per come noi lo vediamo (oggettiva). E’ lo sguardo del personaggio, non è, del tutto, lo sguardo del regista, come lo sarà alla fine.

A questo punto, per una serie di circostanze che fanno parte della vicenda, c’è un mutamento. Il vecchio energico, disgustato pensionato entra nella vita dei vicini di casa, della comunità Hmong, un’etnia asiatica, ed in particolare del giovane timido e imbranato Thao.

Da qui lo sguardo si fa didascalico: da un lato il protagonista ruvidamente “insegna” al ragazzo a gestirsi con le ragazze, con la violenza dei coetanei; dall’altro si contrappone ai “teppisti” con la forza e determinazione della sua Storia. Con una sorpresa finale: il sacrificio, l’etica sacrificale, di cui molti hanno parlato come l’ultimo messaggio dell’attore (il corpo) e del regista (il messaggio-l’ideologia).

Ora questo didascalismo ancora una volta vede una parte, non l’intero; è schematico, non dialettico.
Vede il mondo diviso: i buoni e i violenti. E dietro questa violenza, che ha una sua verità, non ci vede (non ci fa vedere) altro.

Per questo non mi convince e non mi prende. Per questo mi sembra esagerato parlare, come fanno in molti, di “capolavoro”.

GRAN TORINO
Regia: Clint Eastwood
Cast: Clint Eastwood, Ahney Her, Christopher Carley, Bee Vang, Brian Haley, Brian Howe, John Carroll Lynch
Sceneggiatura: Nick Schenk
Fotografia: Tom Stern
Montaggio: Joel Cox e Gary Roach
Musiche originali: Kylie Eastwood e Michael Stevens
Produzione: USA 2009
Durata: 116 min.

silvana grippi said,

Aprile 29, 2009 @ 15:26

Non sarà un capolavoro ma è una grande lezione di vita. Andrebbe fatto vedere ai ragazzi nelle scuole.
Silvana grippi

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