di Davide Garbuglia
La Stella del titolo è una undicenne di modeste condizioni che, nella Parigi degli anni ’70, si iscrive ad una prestigiosa scuola media. Nel suo sguardo, nei capelli un poco scompigliati, ci sono l’irruenza e la strafottenza del suo mondo; il bar gestito dai suoi in cui trascorre le giornate, la varia umanità di balordi, ubriaconi e giocatori con cui condivide le serate.
Una fisicità pronta ad esplodere eppure trattenuta, una linea d’ombra che sembra destinata ad essere subito oltrepassata – la vita vera che porterebbe via Stella per sempre dalla scuola, dall’amica “borghese” Gladys, dalla curiosità per i libri, per la cultura- e che invece rimane in bilico, sostenuta da una sensibilità per le cose e le persone che faranno vincere a Stella la sua prima battaglia, quella per la promozione. E, pensando ai cenni autobiografici dichiarati dall’autrice Sylvie Verheyde, viene anche facile proiettare il personaggio in un futuro di altre battaglie, di studio, di arte e di passione.
Romanzo di formazione, quadretto d’epoca, racconto morale: “Stella” è un po’ di tutto questo, con la specificità di una protagonista, interpretata magnificamente da Léora Barbara, che sovrasta tutto, che incarna la vitalità stessa del film, per la quale non si può che parteggiare.
E’ questo che fa perdonare i difetti: la superficialità del ritratto d’ambiente (ben reso però dalle immagini e dalle musiche d’epoca), l’assenza di un nucleo drammaturgico forte, l’incompiutezza di alcune scene. Di alcuni personaggi (come quello del povero Guillaume Depardieu, qui alla sua ultima apparizione) ci si aspettava in effetti un approfondimento maggiore; la regista è brava a tratteggiare, come si diceva per l’ambiente, e a suggerire situazioni, ma immancabilmente sceglie di sospendere. E la sospensione, spesso un pregio e vero fil rouge stilistico del cinema d’autore degli ultimi anni, è qui sovente un difetto.
Rimane comunque un film riuscito sul passaggio dall’infanzia all’adolescenza (in questo i francesi, da Truffaut in giù, hanno sempre la mano facile) e un bel tassello da aggiungere a quell’affresco sugli anni ’70 che tanti registi occidentali vanno ultimamente componendo.
Curiosità a tal proposito: fra i brani d’epoca che la regista ci fa ascoltare più di una volta, si segnala l’italianissima “Ti amo” di Umberto Tozzi.
Stella (Stella)
Regia e sceneggiatura: Sylvie Verheyde
Interpreti: Léora Barbara (Stella), Karole Rocher (madre), Benjamin Biolay (padre), Melissa Rodriguès (Gladys)
Fotografia: Nicolas Gaurin
Paese: Francia 2008
Durata: 103 Min