di Maddalena Ferrari
Se per fare un film bastassero delle belle immagini e una buona musica….
Storia, sceneggiatura e messaggio sono un miscuglio di banalità, inconsistenza e velleitarismo.
Il fotografo sulla cresta dell’onda, che sfiora la Morte in un incidente automobilistico ed è da lei inseguito fino in Sicilia ( e uno potrebbe anche legittimamente chiedere: perché poi proprio lì?), trova alfine ( forse ) le risposte alle domande che, senza che egli se ne renda conto, lo assillano; e incontra anche l’amore ( la donna della sua vita? ). Purtroppo però lui è un personaggio tutto “detto” ed esteriore e lei, se possibile, ancora di più.
La Morte-Dennis Hopper, se, intravista in lontananza e in movimento rapido, al suo primo apparire, può destare qualche barlume di interesse per la sua misteriosità (e siamo sempre a livello di pura immagine), vista da vicino è proprio un orrore cinematografico: trucco, espressione, atteggiarsi e ciò che dice (se la prende con il digitale, perchè non fa vivere lo scorrere del tempo…) rasentano il ridicolo.
Dal Wenders del corso del tempo, dello stato delle cose e delle persone, colte in larghi squarci delle loro esistenze, densi di vita e di implicazioni metaforiche complesse, questo Wenders sembra lontano anni-luce, appare come un cineasta senza spessore né mordente, tuto preso dai buoni sentimenti, dalla ricerca della felicità e da un “discorso” da rivolgere al pubblico.
PALERMO SHOOTING
di Wim Wenders. Con Campino, Giovanna Mezzogiorno, Dennis Hopper, Olivia Asiedu-Poku, Letizia Battaglia, Harry Blain, Sebastian Blomberg, Inga Busch, Alessandro Dieli, Melika Foroutan, Irina Gerdt, Gerhard Gutberlet, Francesco Guzzo, Wolfgang Michael, Anna Orso, Jana Pallaske, Lou Reed, Udo Samel, Axel Sichrovsky, Giovanni Sollima.
Germania 2008. Dur: 124′.
roberto costa said,
Febbraio 26, 2009 @ 15:31Per niente d’accordo sulla recensione. Palermo shooting non è certo all’altezza dei grandi film di Wenders, ma lo trovo comunque affascinante, una nuova tappa del viaggio dell’autore alla ricerca del rapporto tra l’Uomo e i Luoghi, abitati dalla vita e dalla morte (e dall’arte che continuamente li rappresenta e nello stesso tempo li fugge, inseguendoli ed essendone inseguita). L’altra faccia (più lugubre, visti anche i tempi) di Lisbon Story. Anche lì qualcuno metteva in guardia qualcun altro (il pubblico?!) contro i rischi della “moderna” mania di onnipotenza e onnipresenza dell’immagine…