di Roberto Costa
Presentato in anteprima alla 49ª edizione del Festival dei Popoli di Firenze, Rumore bianco trova una distribuzione in sala, grazie alla costituzione ad hoc della Tucker Film. Alla soddisfazione di vedere un documentario (tra l’altro reso possibile da un finanziamento popolare) varcare la quasi inviolabile soglia del grande schermo commerciale, si sovrappone purtroppo la delusione per un’opera poco riuscita, che del fascino del titolo, che allude al suono dell’acqua, quasi nulla è riuscita a trasmetterci.
Cresciuto sotto l’ala di noti documentaristi nostrani (Pannone, Rossetto), Fasulo sceglie, per il suo primo lungometraggio, di raccontare la propria terra (il Friuli) attraverso l’acqua (il fiume Tagliamento, un tragico pezzo di storia nazionale). E scegliere l’acqua come proiezione della memoria (e specchio del presente) di un luogo, avrebbe dovuto significare, secondo la nostra visione, fluidità, mobilità, compenetrazione, armonia. Ma di tutto questo nel film non c’è traccia. Il regista prende nota di una serie di situazioni e di persone incontrate in prossimità del corso del Tagliamento, alternando le immagini attuali a quelle della Prima Guerra Mondiale. Quelle zone furono teatro nel ’17 del ripiegamento dell’esercito italiano in seguito alla disfatta di Caporetto, così oggi qualcuno cerca residui bellici con l’apposito rilevatore e gli artificieri li fanno esplodere sul greto; per altri il fiume vuol dire duro lavoro di raccolta della legna o perlustrazioni per lo studio del territorio e della sua fauna, per altri ancora il controllo della diga o i bagni e i tuffi durante l’estate.
Ma non c’è evoluzione narrativa, niente lega le diverse vicende umane oltre che l’attiguità geografica e il film è sostanzialmente fermo (e piuttosto noioso) nonostante i chilometri percorsi. E questo per un motivo fondamentale: lo sguardo del regista è freddo, distaccato dai fatti e dalle persone, incapace di far confluire nel tempo e nello spazio dell’inquadratura l’emozione di una ricerca, l’essenza di un luogo. Anche la “geografia” ha bisogno, come tutte le cose della vita, di un’idea (se non di una filosofia) e di passione, per non essere solo una carta da consultare o una mappa da seguire.
A proposito di punti di riferimento, Fasulo indica, per quanto riguarda la sua formazione, i grandi maestri del cinema di documentazione (Ivens, Van der Keuken, Kramer, De Seta, Wiseman, Herzog). Ma siamo sicuri che anche solo guardandosi un po’ intorno durante quest’ultima edizione del Festival dei Popoli, non avrà perso l’occasione per cogliere le svariate e poliedriche facce dell’arte documentaria contemporanea e di osservare come il “materiale” antropologico possa far vivere e palpitare la pellicola e nel contempo far riflettere autore, personaggio, spettatore sui loro intercambiabili ruoli.
Basta pensare alle opere di Brödl, Depardon, Komers, Lelong-Bazzoli, Trestíkova, … Se vogliamo restare su esempi più noti perché anche loro sdoganati dai festival alla sala commerciale, citiamo pure La classe di Cantet o Pranzo di ferragosto di Di Gregorio.
Parlando poi di film (e fiumi) che scorrono tra passato e presente, tra memoria storica ed esplorazione socio-geografica, possiamo ricordare un’occasione invece persa dalla distribuzione cinematografica italiana (perlomeno quella d’essai), Congo River del regista belga Thierry Michel.
Insomma, al giovane Fasulo, comunque determinato e originale nelle scelte tematiche e produttive, manca il coraggio principale di un buon documentarista, quello di mettersi in gioco.
Rumore Bianco
Nazione: Italia, Svizzera
Anno: 2008
Genere: Documentario
Durata: 90′
Regia: Alberto Fasulo
Sito ufficiale: www.filmrumorebianco.com
Produzione: Faber Film, Wildside Media, RTSI
Distribuzione: Tucker Film