di Gianni Quilici
La vediamo (la protagonista) pedalare all’inizio del film per la città con ariosa indifferenza come in un corto di Truffaut, lasciare la bici ad un muro ed entrare in una libreria, salutare festosamente il giovane libraio tutto compreso nel suo ruolo, gironzolare tra i libri guardandosi attorno, ri-salutare, questa volta ironicamente, il giovane alla cassa, uscire, non trovare più la bici. La vediamo con le amiche-colleghe bere, ridere, scherzare, ballare. La vediamo a scuola come maestra tra i bimbi, inventare strumenti didattici, osservare un bambino particolarmente aggressivo, parlarci…
Ecco Pauline, detta Poppy, un personaggio che simboleggia un po’ il suo nomignolo (rievoca il pop) nel senso più positivo del termine: gioiosa, trascinante, ma anche sensibile e determinata.
Mike Leigh è uno straordinario regista, che, senza forse inventare il cinema, riesce a trovare sempre un timbro giusto, che porta alla poesia del quotidiano.
Ho pensato, vedendolo, che egli condivide con Rohmer una caratteristica: fa del cinema-verità attraverso la finzione. Racconta, cioè, lo snodarsi del quotidiano con una naturalezza, che lo avvicina alla realtà stessa, appunto come Rohmer.
Solo che il regista francese rappresenta altri ambienti (più piccolo-medio borghesi) con una predilezione spiccata per le-gli adolescenti e i loro amori.
In questo film Mike Leight ha raccontato, attraverso Poppy, un sentimento: la felicità come essenza del piacere di vivere, che nasce e si sviluppa come flusso. Felicità, quindi, non come ideologia, non come predica, ma come risultato di contrasti anche dolorosi, come scelte.
Notevole in questo contesto il rapporto con l’istruttore di auto, che al contrario di lei è la rigidezza programmata in persona. Questo rapporto inizia, da parte di Poppy, in modo irridente: di fronte alle raccomandazioni predicatorie, ai burberi imperativi categorici tanto perentori quanto fasulli, lei si scatena a volte parodiandolo, appunto irridendolo. Mike Leigh non cade, però, nella possibile farsa: nell’ultimo surreale incontro l’istruttore mostra il suo vero volto: la sua disperata fragilità solitaria; lei la sua sensibile determinazione.
Questo vale anche nel rapporto con il bambino difficile e nell’incontro amoroso con lo psicologo, mai banale, scontato, ri-visto.
Merito anche di Sally Hawkins, non a caso incoronata migliore attrice alla Berlinale 2008, che nella sua straordinaria performance dà a Poppy un campionario travolgente ed effervescente di vitale anarchia esistenziale fatta di sorrisi a tutto tondo, di smorfie, battute e mattane, ma anche di una silenziosa sensibilità di comprensione del dolore.
La felicità porta fortuna – Happy Go Lucky
di Mike Leigh
con Sally Hawkins, Alexis Zegerman, Eddie Marsan, Andrea Riseborough, Samuel Roukin, Sinead Matthews, Kate O’Flynn, Sarah Niles, Joseph Kloska, Sylvestra Le Touzel, Elliot Cowan, Nonso Anozie, Trevor Cooper, Philip Arditti, Karina Fernandez, Jack MacGeachin, Oliver Maltman, Caroline Martin, Rebekah Staton, Stanley Townsend.
Gran Bretagna 2008. Dur: 118′.