di Gianni Quilici
Ci troviamo subito in una storia: una telefonata, un figlio tornato dall’Iraq da appena una settimana, scomparso. Inizia da qui la ricerca del padre (Tommy Lee Jones), un veterano del Vietnam e patriota convinto, una ricerca che diventa una sorta di giallo: una morte orribile, un assassino da scoprire e poi la rivelazione di qualcosa di più grande, di più generale…
Paul Haggis (regista di Crash-Contatto fisico e sceneggiatore di Million Dollar Baby) con Nella valle di Elah vuole raggiungere due scopi: coinvolgere il pubblico (e non soltanto una parte) con una storia filmata classicamente chiara, serrata e avvincente; ma anche farlo riflettere su ciò che sono oggi gli Stati uniti. Uno scopo al tempo stesso giustamente commerciale (desidera che sia visto dalla maggioranza) e morale ( per una necessità espressiva, ma anche politica).
Riesce nell’intento? Sì.
Innanzitutto per il protagonista: per come è disegnato come personaggio, per come è interpretato.
Tommy Lee Jones è uno degli attori più rocciosi e insieme taglienti oggi in circolazione, con un volto (taciturno) spesso sul punto di esplodere, e quando agisce, sia con la parola che con i pugni, rapido ed essenziale, senza compiacimenti. La cinepresa lo fissa spesso in primi e primissimi piani, in cui si colgono dolore e impotenza, durezza e rabbia.
Avere inserito nel ruolo di ispettrice Charlize Theron è l’altro elemento “forte” del film. Perché è un personaggio dialettico a Tommy Lee Jones e all’altezza : di scontro talvolta e di incontro soprattutto nelle reciproche solitudini, nello sguardo, in fondo, impotente su un ambiente (mondo), che va deragliando.
La guerra irachena, dapprima sullo sfondo, diventa progressivamente la vera protagonista della pellicola. Non direttamente, ma “mediamente”.
Le guerre moderne, prive di “diretta”, di immagini “vere”, che diano loro un senso ed un corpo, finiscono per non esistere, neppure virtualmente. Diventano parole e immagini cotte simili a tante altre.
Ecco che il cinema deve cercare queste immagini o meglio “inventarle”, “crearle”. In Nella valle di Elah noi vediamo la guerra in Iraq sia attraverso immagini sconnese di un cellulare, che soprattutto attraverso i traumi che il soldato americano si porta dentro e che al ritorno esplodono ferocemente. Haggis non inventa, è una storia vera, che rappresenta una condizione generalizzata.
Haggis, per rendere più efficace il film, assume il punto di vista di un conservatore, di chi come il padre ha creduto-crede nei vecchi valori forse ancora dominanti negli USA: la famiglia, la Patria, Dio. Questi valori, però alla fine, non li riconosce più e non riconosce neppure neppure più il se stesso di prima. E’ una crisi esistenziale e ideologica senza orizzonti, ma aperta.
Tutto bene, dunque?
Forse la parte più debole del film riguarda la moglie-madre (Susan Sarandon) ed il bambino dell’ispettrice, che hanno nell’insieme una funzione didascalica, che finisce per risultare più descrittiva- riempitiva che espressiva-necessaria. Susan Sarandon è credibile nel recitare la disperazione di una madre, ma non ci commuove. La sua disperazione la vediamo, non la sentiamo. Il suo personaggio, alla fine secondario, è senza spessore, illustrativo.
Nella Valle di Elah
(In the Valley of Elah)
Regia: Paul Haggis
Sceneggiatura: Paul Haggis
Attori: Tommy Lee Jones, Charlize Theron, Susan Sarandon, Josh Brolin, James Franco, Jason Patric, Joseph Bertot, Brent Briscoe, Barry Corbin, Wayne Duvall, Frances Fisher, Rick Gonzalez, Paul McGowen, Jennifer Siebel
Produzione: Blackfriars Bridge Films, NALA Films, Samuels Media, Summit Entertainment
Distribuzione: Mikado
Paese: USA 2007
Durata: 120 Min