Un inserto speciale su Pier Paolo Pasolini a 30 anni dalla sua morte, avvenuta nella notte del 2 novembre 1975. Perché?
Proviamo a scriverlo, rischiando la ripetizione o peggio l’enfasi.
Perché Pasolini è un poeta, diremmo anzi che è innanzitutto un poeta in qualsiasi lingua egli si esprima. Della poesia ha la vocazione alla musica, alla visionarietà del reale, la capacità di cogliere il senso poetico che c’è nelle cose.
Ma Pasolini è anche un narratore, uno che sa raccontare le storie, costruendo personaggi e situazioni, facendoceli vedere e sentire.
Ma Pasolini è anche un intellettuale, capace di indagare, di ragionare sul reale, sia esso un volto, una lingua, un libro, un fenomeno sociale, con una cultura vasta alle spalle, che, a volte, forse lo condiziona ( talvolta forse troppo ideologico e poeta per volontarismo), ma che, più spesso, egli rielabora creativamente.
Ma Pasolini è anche un politico, non nel senso professionale che potremmo attribuire oggi alla parola, ma in quello più vero, di vivere una realtà, di cercare di comprenderla, di combatterla.
Ma Pasolini è anche un grande utilizzatore e mescolatore di linguaggi: poeta, scrittore, regista, critico letterario, teorico cinematografico, uomo di teatro, attore, pittore, giornalista, sceneggiatore, dicitore di versi, fotografo di se stesso.
Infine: la sua opera è vastissima, tanto che, ha scritto Walter Siti, curatore della sua opera completa, senza tenere conto delle riscritture, Pasolini ha scritto tra il ’40 e il ’75, almeno 20mila pagine – il che significa quasi due pagine nuove al giorno.
Conclusione: Pasolini ha un grande fascino. La sua morte ha lasciato un inesauribile rimpianto per quello che avrebbe potuto dire e fare … Un rimpianto che dura ancora oggi.
Ed allora: perché Pasolini esercita questa fascinazione, divenendo o un modello da imitare o con cui continuare comunque ancora a confrontarsi? Anche Alberto Moravia, per esempio, ci ha lasciato un’opera vitale e straordinariamente ricca e creativa. Ma in Pasolini c’è forse una ragione che Moravia o altri grandi protagonisti della storia del nostro paese, Fellini, Calvino, Visconti, Montale, Gadda non hanno.
A questa fusione tra l’essere poeta, che ti fa sentire le cose col cuore e l’essere intellettuale, che ti sorprende per l’intelligenza e la forza con cui si esprime ci sono il corpo e il coraggio fisico e psicologico con cui mette in gioco il proprio essere tutto.
Gli articoli che Pasolini scriveva su “Il corriere della sera” erano violentissimi, perché espliciti, diretti e nello stesso tempo avevano il fascino di una scrittura abile, stilisticamente elaborata (si pensi all’uso della metafora, dell’anafora… ). Provocavano dibattito, perché colpivano nervi scoperti del potere o della sinistra o delle opinioni consolidate e non potevano essere ignorati.
In altri termini il rapporto tra vita e opera è stato in lui strettissimo.
Si può parlare forse della vita di Pasolini come di un romanzo, perché è una vita costituita di continui strappi: di traumi e di lotte.
Il trauma del complesso edipico, dell’omosessualità, della persecuzione giudiziaria fino alla morte atroce.
Ma il rapporto arte-vita-politica non è estetizzante come in Oscar Wilde, ne’ estetico-decadente come in D’Annunzio. E’ invece, pur essendo Pasolini anche un esteta, un decadente, un rapporto che ha alla base una contraddizione irrisolta: quella che Pasolini stesso chiama un ossimoro tra ragione e passione, tra la lucidità del pensiero e le oscurità delle viscere. Ma questa lacerazione l’ha risolta, in ultima analisi, illuministicamente, perché non ha mai rinunciato all’arma della ragione contro un potere che ha definito assoluto, il potere di una società edonistica e consumistica, che tende a distruggere le particolarità e a livellare tutto.
Queste sono alcune delle ragioni per cui Pasolini è stato ed è rimpianto da moltissimi, ancora oggi. La sua morte non appartiene ad un’epoca ormai lontana e superata, perché le ragioni che lui aveva, in qualche misura, profetizzato bruciano ancora oggi e sono evidenti a tutti molto più di prima.
da La linea dell’occhio 53
Marianne Ladi said,
Febbraio 14, 2010 @ 12:31L’amore per Pasolini non può che crescere ancora leggendo questo scritto.. grazie Gianni