di Gianni Quilici
Sarebbe piaciuto a Zavattini questo libro che raccoglie gli atti di un convegno organizzato dall’Assessorato alla Cultura dell’Emilia-Romagna, a lui dedicato?
Forse sì, almeno per tre ragioni precise:
1. chi parla conosce Zavattini, l’ha vissuto, non solo conosciuto,
e/o l’ha studiato, si è confrontato o si confronta davvero con lui;
2. perché si coglie l’aspetto forse precipuo di Zavattini, la sua figura
di intellettuale poliedrico, che non si poneva limiti, che si coinvolgeva in moltissimi linguaggi (soggettista, sceneggiatore, narratore, poeta, saggista, pittore, conferenziere, regista, animatore) con un filo di collegamento comune: l’impegno sociale, civile e politico; e con una fortissima tendenza all’accumulo, ossia a “lasciare”, a non sviluppare, a sprecare intuizioni, propositi;
3. perché questa vastità e complessità, forse ancora più da raccogliere che da scoprire, viene messa in discussione nelle relazioni di Gambetti (la vita come arte), Masoni (l’umorista), Argentieri (il neorealista), Boarini ( l’animatore, il talent scout), Spadoni (il pittore), Vecchi (Zavattini-Ligabue-Andreassi), Baldi (la testimonianza), ma forse soprattutto nel confronto tra i relatori, che avviene ogni volta dopo ogni relazione e che rende il libro stesso meno definito, forse più zavattiniano.
Forse è la forma, l’aspetto che sarebbe piaciuto di meno, a Zavattini.
Perché, essendo onnivoro, con le antenne pronte a captare molto di ciò che si muove, rielaborandolo a modo suo, forse il libro lo avrebbe voluto meno compassato e monocorde, più graficamente fantasioso e originale. Ho qui, per esempio, il libro Non libro, Bompiani Editore, che è la negazione violenta e totale del libro-oggetto a favore di soluzioni grafiche assolutamente originali. Ed eravamo nel 1970.
da La linea dell’occhio
Un milione, un milione, un milione … di idee. Il cinema di Cesare Zavattini, a cura di Alberto Achilli e Gianfranco Casadio. Edizioni del Girasole. Pag. 88.