Martedì 26 agosto 2003
Dopo aver infilato quasi tutto sulla macchina decido di mettere l’acqua nel radiatore. E’ olio. Imbecille! A quanti sarà successo nel mondo!
“Che c…! ” penso. Siamo gli ultimi ad entrare nel buchetto rimasto sul traghetto per il Lido. Ed ora sopra il ponte mi guardo attorno… Le donne abbronzate e denudate nel sole. Venezia: la fuga dei canali, i campanili contro il cielo acceso di questo agosto senza fine….
Almeno avessero un ordine le file: paura di rimanere fregati, desiderio di fare veloci, noia dell’attesa, ansia per una tessera, che costa 40 euro. Armarsi di pazienza cinese, mentre il critico (conosciuto) davanti a me fa lo spiritoso.
Sul vaporetto verso S. Alvise a Venezia. Mi chiedo come viaggi un regista
con quali visioni ed ansie, se oltre gli occhi utilizzi la penna, un computer o disegni.
La stanza dell’amica è intima, essenziale. Ti distendi un momento, apri il quotidiano e pensi: “Che Italia di merda!…”
Palagalileo. La Mostra non è ancora ufficialmente cominciata. Nella sala poca gente. Si inizia con Raul Ruiz Une place parmi les vivants. Parigi in bianco e nero, l’esistenzialismo, Sartre, il jazz in un giallo un po’ cervellotico. Ho l’impressione di un film che gioca: atmosfera e ironia, eleganza e fascino visuale, ma manca la necessità. Un punto di attracco. Un film per gli occhi. Arriva una stanchezza terribile, che poi nel venticello notturno sul traghetto scivola via
Mercoledì 27 agosto.
Magnifico dormire a Venezia! Le voci della strada come un soffio.
Tiziano Scarpa in Venezia è un pesce propone questo itinerario: smarrirsi. Provo, per poco, a perdermi come se Venezia fosse un labirinto surrealista…
Camur (Fango) di Dervish Zaim ha scenari e situazioni assolutamente originali, a volte affascinanti, che tuttavia si perdono. Peccato!
La signora degli alimentari ci riconosce. Piacere di un negozio non omologato, dell’acqua fresca della fontana (quanto resisterà ancora!), del giardinetto coi tavolini di legno solidi…
Raja di Jacques Doillon : un film d’amore sulla impossibilità dell’amore tra civiltà, condizioni sociali, lingua, generazioni diverse scolpito da un attore che s’impone al ricordo: Pascal Greggory
L’Excelsior: ottimo per i gabinetti, per le foto rapinate.
Un fils di Amail Bedjaou . Un padre e un figlio che si prostituisce: un rapporto sentito, ma mancato. Radiografie del sottofondo parigino.. Una piccola storia, che diventa metafora della metropoli, che tutto inghiotte in silenzio.
Joy of Madness di Hana Makhmalbaf film su un film, in cui la ricerca degli interpreti diventa un documento vivo e veritiero sull’Afghanistan e sul suo popolo con Samira, sorella e regista del film da farsi, volitiva e insicura, agitata e maliarda da sexy-symbol assolutamente involontaria.
Esco da Oliver Stone distrutto. Sbaglio l’uscita del traghetto. Venezia solitaria di notte.
Giovedì 28
La bellezza della mattina che si apre sulla laguna.
Francesco giullare di Dio . L’ideologia come limite. Bellissima la sequenza con Aldo Fabrizi di un medioevo antologico. Sorpresa per l’apparizione della piazzetta di Sovana, allora poverissima, ma autentica; oggi turistica e falsa.
Non sopporto il caldo quando mi si spande addosso nella fila assurda di uno dei soliti film di Woody Allen Anything Else dove la chiacchiera diventa talvolta battuta fulminante e corrosiva e irresistibile, rimanendo, mi pare, però tale (battuta e non costruzione di un film)
Segreti di stato di Paolo Benvenuti: coraggioso, utile, ma forse fin troppo meticoloso, come se fosse fatto a tavolino, senza scatti immaginativi con una sequenza, lo specchio, di grande cinema.
maledettaMia di Wilma Labate: ritratti riusciti di 5 giovani del “movimento”. Mi colpisce Nina De Manincor, corpo flessuoso che danza grazia e autonomia nella ricerca di non avere confini.
Il Canal Grande è silenzio dei palazzi spenti con le poche luci che ondeggiano nelle acque scure…
Venerdì 29
Mi sveglio. La casa ancora dorme. Mi lavo, mi vesto sono pronto. Obbiettivo: Lars Von Trier. Fascino di un film da fare su “Un uomo perfetto”. Non capisco molto, ma mi lascio suggestionare dal gioco, dalla mescolanza dei linguaggi, dai salti di sceneggiatura, dall’ironia e da una originalità non artificiosa.
In Pornografia di Kolski ritrovo Gombrowicz nell’ossessione dei dettagli, qui troppo caricati simbolicamente, nel sottile erotismo. La biondina appartata e graziosa, che si offrirebbe nella sua disarmata nudità all’uomo grande, brusco e paterno è la scena più erotica, da me vista, nel Festival.
L’aquilone di Randa Chahal Sabbag: un villaggio libano-israeliano diviso da una frontiera, una storia d’amore a distanza. Donne che, per parlarsi, si urlano da un megafono. Peccato che la sceneggiatura cedi al sentimentalismo!
Variété francaise di Fradèric Videau. Ridicolo. Viene da pensare: chi sono i selezionatori della Settimana della Critica?
Insofferenza verso la serialità della folla serale, verso gli stand puppasoldi…
Sabato 30
Vaporetto. Scatto fotografie a raffica su facce immemori … Desiderio di raccoglierne una galleria.
De Oliveira: sembra un film banale, banalmente didattico con un finale che rovescia ogni prospettiva. Anche il film che avevamo visto era falso.
Vedo Il ritorno di Cagliostro con occhi che si aprono e che si chiudono. In sala si ride. Impressione che si scivoli nella farsa.
The Last Train di Aleksej jr. German: un realismo che diventa quasi metafisico.
Domenica 31
Oggi è l’ultimo giorno del mese più splendente dell’anno. Nostalgia dell’estate che se ne va. Campane a festa per Venezia.
Troppo tardi per Greenaway. Il tempo dell’attesa: un salto qui, uno là, una sosta per leggere, una per mangiucchiare, una per il caffè.
Les sentiments tra commedia e dramma non contenta nessuno. Ne’ chi vuole evadere, ne’ chi vuole pensare. Eppure, in una struttura narrativa molto tradizionale, c’è anche verità, dolore.
Nel primissimo pomeriggio si parte. E Bellocchio? E Kitano? E Bertolucci? E i Coen? E Scorsese? E Jim Jarmush? Nostalgia e progetti lungo i 300 Km d’asfalto.
da La linea dell’occhio